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“Un’era post antibiotica, in cui infezioni comuni e piccole ferite possono portare a morte, non è affatto una fantasia apocalittica, ma invece qualcosa di molto reale nel 21esimo secolo.”

Il solito allarmismo da ipocondriaci che temono persino la propria ombra? Mica tanto…..

Lo ha detto nel 2014 il Dr. Keiji Fukuda, assistente direttore generale per la sicurezza sanitaria all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) mentre presentava il primo rapporto mondiale sull’antibiotico resistenza definendola una minaccia con implicazioni devastanti per la salute pubblica.

Il problema è chiaro: l’uso sconsiderato degli antibiotici nell’ambito umano e nell’allevamento degli animali sta facendo mutare i batteri verso forme sempre più resistenti agli antibiotici.

E fin qui nulla di nuovo: già nel 1945, Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina, metteva in guardia sul fatto che sarebbe potuto accadere. Quello che Fleming non poteva immaginare però è la rapidità con cui il fenomeno dell’antibiotico resistenza sta accelerando spinto da un uso sempre più spregiudicato di antibiotici soprattutto nell’ambito degli allevamenti animali, che in Italia rappresentano il 69% del consumo totale!

Ma pochi giorni fa un nuovo documento (http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/4872) firmato ECDC, EFSA ed EMA, ha ribadito con forza l’importanza della resistenza antibiotica. Dal rapporto emerge un dato impressionante: l’Italia è ai primi posti nella classifica Europea del consumo di antibiotici. Al secondo posto in Europa per consumo totale, consumo umano e anche negli allevamenti animali.

 

Emerge inoltre con forza la necessità di moderare fortemente l’uso degli antibiotici. Una denuncia importante ma passata completamente in sordina tra i media mainstream. Forse perché ridurre questo consumo spropositato andrebbe a colpire gli enormi interessi delle multinazionali della farmaceutica?

Occorre agire immediatamente! Il ministro della ‘salute’ (delle case farmaceutiche) Lorenzin, ha promesso da mesi un piano di resistenza antibiotica. Ma poi ha preferito concentrarsi sulla guerra santa dei ben più redditizi vaccini, dimenticando che, per i batteri resistenti, già oggi nel si contano tra 5000 e 7000 morti ogni anno con un costo per il sistema sanitario italiano di 100 milioni all’anno.

Ma anche noi possiamo fare molto, per esempio scegliendo con più attenzione quello che mangiamo. Cittadini informati e consapevoli che scelgono una dieta a base vegetale oppure adottano un consumo più attento grazie ad una etichettatura trasparente che dichiari se l’allevamento è intensivo. O ancora grazie ad un sistema di controlli più stringente che limiti gli abusi.

Vedi le nostre proposte (http://mirkobusto.net/macelli-allevamenti-piu-controlli-garanzie/)

L’allevamento intensivo è infatti tra le prime cause di sviluppo di batteri antiobiotico resistenti, come Salmonella o Campylobacter jejuni, di fronte ai quali rischiamo di trovarci disarmati. Il perché è presto detto: a causa di pessime condizioni igieniche e sovraffollamento negli allevamenti si sviluppano facilmente infezioni che si possono diffondere rapidamente da un animale all’altro e che vengono trattate somministrando grandi quantitativi di antibiotici.

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