Si parla ormai spesso e giustamente di picco del petrolio, ossia del fatto che, ormai, consumiamo più petrolio di quello che è rimasto sottoterra (con tutti gli effetti, sul clima e non, che ne conseguono), e che estrarlo sta diventando troppo costoso in termini energetici.
C’è però un altro picco, molto importante, a cui le società industriali ci hanno portati, e di cui raramente si sente parlare. È il picco del fosforo.
Senza petrolio si può vivere, senza fosforo no.
Elemento chimico con numero atomico 15 e simbolo P, il fosforo è un non-metallo del gruppo dell’azoto che si trova in alcune rocce e nelle cellule degli esseri viventi, del cui metabolismo è un componente essenziale. È addirittura un componente essenziale di molecole come gli RNA o addirittura del DNA, ma anche della Adenosina trifosfato (ATP), la molecola chiave nel metabolismo energetico delle cellule.
Qual è il problema del fosforo? Che lo stiamo letteralmente consumando tutto.
Sembrerebbe impossibile, perché questo elemento “passa” dalla terra e dal mare ai corpi di piante e animali e viceversa in un circolo che dura da milioni di anni. E invece è così, perché i ritmi con cui viene estratto sono eccessivamente rapidi, ma soprattutto perché, a differenza di quanto è sempre accaduto nelle ere passate, gli esseri umani estraggono enormi quantità di fosforo in determinati luoghi e li smaltiscono altrove (nelle acque di scarico, in campi ed allevamenti lontani migliaia di chilometri, nelle città in cui si concentrano i consumi, a partire dal quello di cibo, ecc.).
Normalmente, in un ecosistema, così come può avvenire nel nostro orto o in una piccola fattoria, per svilupparsi le piante assorbono le molecole di cui hanno bisogno dal suolo e dall’aria. Alcune di queste piante vengono mangiate dagli animali, che usano le stesse molecole per la formazione dei propri corpi. Quando le piante e gli animali muoiono, queste molecole tornano nel suolo, in un ciclo appunto che potrebbe andare avanti all’infinito. O quasi, perché oggi non è più così. Il sistema agricolo industriale, infatti, porta la quasi totalità di ciò che produce a “decomporsi” altrove, evitando così che le molecole necessarie allo sviluppo delle piante possano tornare ai terreni da cui sono arrivate.
Ecco perché sentiamo parlare così spesso di fertilizzanti, dunque. Ed è proprio a causa loro che abbiamo raggiunto il picco del fosforo. Sì, perché se è vero che lo si usa nella produzione di detergenti, dentifrici, fitofarmaci o anche esplosivi, fiammiferi e fuochi d’artificio, è anche vero che il 90% di quello che si estrae viene utilizzato per la produzione dei fertilizzanti stessi.
Il fosforo è concentrato 10 volte più negli esseri viventi che nella crosta terrestre. Ecco perché non si può parlare banalmente di una sua sostituzione, o di una sua produzione con metodi differenti. Esso ha infatti una caratteristica specifica, rispetto alle molte altre risorse minerarie che sfruttiamo: non è sostituibile. Se si può usare dell’alluminio invece che del rame per i cavi elettrici, infatti, gli usi del fosforo sono così specifici che non se ne può proprio fare a meno. Anche perché, appunto, è componente indispensabile dei nostri corpi e della vita stessa.
Il fosforo che stiamo sperperando si è accumulato nel suolo dalla disgregazione delle rocce di fosfati. Un processo questo che ha impiegato milioni di anni per verificarsi, ma che noi stiamo interrompendo, da qualche decennio a questa parte, estraendo rocce di fosfato per (detto brutalmente) macinarle e spargerle sui terreni. Un’abitudine che sta provocando anche problemi legati agli ecosistemi acquatici. Il fosforo che non viene usato dalle colture, infatti, va a finire nei fiumi e nei mari. Le alghe degli oceani se ne nutrono e si riproducono a dismisura. Quando queste si decompongono, i batteri che sono responsabili della loro decomposizione usano quantità eccessive dell’ossigeno presente in acqua, uccidendo così molte altre forme di vita e creando enormi squilibri negli ecosistemi marini.
Stiamo attenti, insomma! Da una parte perché pensiamo ancora che di fosforo ce ne sia in quantità più che sufficienti (è il 13esimo come abbondanza nella crosta terrestre, circa lo 0.1% della stessa), mentre in realtà abbiamo già usato metà della roccia di fosfato disponibile. Dall’altra, perché il suo uso smodato sta compromettendo interi ecosistemi.
Secondo lo studioso Patrick Déry, il picco del fosforo si è già raggiunto alla fine degli anni ’80. Altri pensano invece che ci arriveremo fra 30 anni. Qualunque sia il momento esatto del suo raggiungimento, oltre a parlare di questo problema dovremmo iniziare ad affrontarlo.
Come? Ad esempio ridimensionando l’agricoltura industriale e il suo uso smodato di protesi chimiche. E ritornando il più possibile a cibarci di alimenti prodotti localmente, mandando al compostaggio tutti gli scarti. E ritornando il più possibile a cibarci di alimenti prodotti localmente, mandando al compostaggio tutti gli scarti.
Inoltre, potremmo finalmente valorizzare ciò che invece amiamo buttare letteralmente nel cesso sciacquandolo via con acqua potabile: le nostre feci e le nostre urine, preziose miniere di fosforo.
Per maggiori informazioni sull’argomento, leggete (in inglese):
Does Peak Phosphorus Loom?
e
A genius investor thinks billions of people are going to starve to death