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Oggi parliamo di ciò che non ha futuro. Bene, se continuiamo di questo passo, a non avere un domani sarà la civiltà umana. Secondo un modello scientifico sviluppato dal Global Sustainability Institute dell’Anglia Ruskin University di Cambridge, la nostra società potrà collassare entro meno di trent’anni. L’attuale modello di sviluppo è insostenibile, confermano gli scienziati inglesi. Senza un cambiamento dei nostri comportamenti e delle politiche globali avremo entro il 2040 carestie alimentari e guerre per le risorse mai viste prima nella storia.

Il modello è stato creato per i prossimi 25 anni, seguendo la traiettoria del business-as-usual che, per sua stessa natura, si basa sulle politiche del “far niente”. I risultati, basati su “tendenze climatiche plausibili”, sono più che allarmanti, e mostrano che “il sistema di approvvigionamento alimentare globale si troverebbe ad affrontare perdite catastrofiche e un’epidemia senza precedenti di conflitti per il cibo”, spiega il direttore del Global Sustainability Institute, Aled Jones: “In questo scenario, la società globale essenzialmente crolla”.

Il modello sviluppato dall’Istituto inglese arriva giusto dopo l’allarme lanciato non dai soliti attivisti catastrofisti, ma dalla Lloyd’s, corporazione inglese di assicurazioni fra le più potenti al mondo. Dalla City di Londra, infatti, questo colosso del far soldi ha stilato a sua volta un rapporto dal titolo a dir poco esplicito: “Food System Shock”.

Lo studio dei Lloyd parla chiaro: “Il sistema alimentare globale è sotto pressione cronica, in quanto deve soddisfare una domanda sempre crescente, e la sua vulnerabilità alle è aggravata da fattori quali il cambiamento climatico, lo stress idrico, la globalizzazione in corso e l’aumento dell’instabilità politica”.

Avete capito bene! Anche una delle assicurazioni più grandi al mondo si scopre no global, e in qualche modo ambientalista. Ci si aspetta uno shock della produzione globale, con imponenti impatti politici ed economici, avverte la corporazione londinese, preoccupata soprattutto del fatto che questi stessi impatti potrebbero “influenzare i clienti di un ampio spettro di classi di assicurazione”.

“La domanda globale di cibo è in crescita, trainata da una crescita senza precedenti della popolazione e dai diffusi cambiamenti nel mondo dei modelli di consumo, come quelli nei paesi in via di sviluppo”, scrive Lloyd’s.

Sembra di leggere un rapporto Fao!

Del resto, proprio l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha già fatto presente che la produzione agricola mondiale dovrà più che raddoppiare entro il 2050, per far fronte alla domanda di cibo prevista.

Roba da niente, vero?

Qualche tempo fa abbiamo parlato dei quattro limiti naturali (su 9) già superati, ricordate? Oltre al fatto che due di questi (cambiamento climatico e integrità della biosfera) sono ritenuti “core boundaries”, ossia fenomeni che una volta modificati porteranno la Terra a uno stato completamente nuovo, mi preme sottolineare che, secondo Johan Rockström e altri studiosi che si sono occupati di questa emergenza una speranza c’è ancora. Manca solo la volontà politica di cambiare le cose.

E in Italia lo sappiamo bene, visti i lungimiranti cervelloni al governo.

Pur non amando il catastrofismo e i toni allarmistici, mi preme far notare che è davvero urgente cambiare direzione. Anche perché più aspettiamo e peggio sarà.

Non abbiamo troppo tempo: queste previsioni si riferiscono ai prossimi 25 anni!

Cambiamo qualche nostra abitudine (nell’alimentazione, nei trasporti, nei consumi), scegliamo prodotti e stili di vita che riducano il nostro impatto sull’ambiente, votiamo politici che supportano la necessità di nuove politiche sociali, economiche e ambientali, invece di quelli che ci vogliono trivellare la vita.

Il tempo stringe. Agiamo ora, nel nostro piccolo!!

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