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Tuffi fuori stagione, brindisi in maniche di camicia, passeggiate sulla spiaggia. Quelle appena trascorse sono state davvero feste con temperature fuori dal comune. Ma per molti telegiornali non si è trattata che di una piacevole anomalia climatica. In realtà il clima è impazzito e gioirne è da pazzi.

L’alta pressione, la quasi totale assenza di piogge, le temperature miti che per molti in queste vacanze sono state una manna dal cielo in realtà sono la combinazione tra due fenomeni strettamente interconnessi: il cambiamento climatico e il fenomeno climatico detto El Niño, un processo di aumento periodico della temperatura delle acque dell’oceano Pacifico meridionale che influenza l’andamento del clima globale e le cui espressioni più intense (super El Niño) potrebbero raddoppiare per effetto del cambiamento climatico. Questa accoppiata ha garantito l’inverno più caldo nella storia delle misurazioni meteorologiche e ha portato la temperatura media globale a superare di quasi un grado il valore di riferimento (+0,97 °C).

Tant’è che a cavallo dell’ultimo dell’anno, la colonnina di mercurio all’Artico segnava le medesime temperature di quella di Chicago avvicinandosi agli zero gradi, oltre 30 gradi in più della temperatura media stagionale.

Anche dalla Groenlandia sono arrivate cattive notizie: recenti studi (Nature Climate Change, 4/01/16) dimostrano che lo scioglimento della calotta di ghiaccio sta procedendo ad una velocità ben maggiore di quanto finora ipotizzato. Ma non basta: a rischio è anche il firm, uno spesso strato di ghiaccio poroso che finge da unica barriera in grado di limitare gli effetti dei cambiamenti climatici e che oggi ha iniziato a cedere rilasciando nell’oceano, più velocemente del previsto, anche l’acqua di fusione.

In buona sostanza abbiamo già bruciato due terzi dell’aumento di temperatura considerato sicuro dalla comunità scientifica internazionale (quello di 1,5 °C) e la metà dell’obiettivo, a dire il vero più politico che scientifico, dei due gradi.

Cosa significa tutto ciò? Scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello del mare, allagamento di intere aree urbane, meno disponibilità di acqua dolce e sempre minor capacità di limitare i danni da cambiamenti climatici.

Eppure tutto tace: le notizie inquietanti su ciò che accade al clima di questo pianeta non paiono suscitare l’attenzione dei media e dei cittadini italiani, salvo appunto qualche sporadica uscita dei Tg sul caldo Natale, sul Capodanno al mare e sui coraggiosi in costume da bagno. Unico campanello d’allarme, purtroppo tanto letale quanto poco squillante, è l’aria irrespirabile che però respiriamo e che ci sussurra cosa stiamo realmente facendo alle nostre città e all’intero pianeta: vale a dire costruire una gabbia tossica da cui rischiamo di non poter più uscire.

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