Lo spettro della pandemia globale da Coronavirus è sempre più presente ed è giusto affrontare una emergenza di questa portata con misure drastiche come quelle che il governo sta attuando. Ma c’è una domanda che continua a ronzarmi nella testa in questi giorni di isolamento forzato: è solo una coincidenza che le aree dove ad oggi si registrano maggiori casi di Coronavirus, vale a dire Cina, nord Italia, Sud Korea e Iran, siano tutte ad altissimo tasso di inquinamento dell’aria?
Secondo l’OMS l’inquinamento atmosferico uccide in Italia 80000 persone all’anno. Il nostro è il primo Paese in Europa per morti da biossido di azoto (NO2) e si trova al nono posto nella classifica mondiale dei Paesi con il più altro numero di decessi causati dal traffico veicolare. L’area che contribuisce maggiormente a questi tristi risultati è la pianura Padana, la camera a gas del nostro Paese e anche il primo e principale focolaio del Coronavirus.
Lo scorso gennaio nella città di Milano ci sono stati 27 superamenti dei limiti di legge delle polveri sottili. La peggiore aria degli ultimi 10 anni. Quella della qualità dell’aria è un’emergenza ricorsiva che si ripropone ogni anno con virulenza nella stagione invernale e che porta con se perdite enormi in vite umane e ripercussioni assai negative sui bilanci dello stato.
In generale possiamo dire che l‘inquinamento favorisce le malattie respiratorie peggiorando il funzionamento delle nostre difese immunitarie. Più l’aria è inquinata più rischiamo di ammalarci e morire.
Riguardo al coronavirus, si sa probabilmente ancora troppo poco per poter stabilire se ci sono relazioni tra l’esposizione all’inquinamento atmosferico e il numero di malati o il tasso di mortalità .
Una analisi di questo genere è stata tentata per la polmonite atipica (SARS) sviluppata in Cina nel 2002. In quel caso il tasso di mortalità registrato è stato correlato con il livello di inquinamento: i malati di SARS di regioni con qualità dell’aria peggiore presentavano un rischio di morte dell’84% più alto[1].
Venendo invece alla Pianura Padana, un recente studio ha attribuito l’elevata mortalità dell’influenza invernale a Milano nel 2016 (7590 morti con più di 65 anni) all’effetto combinato dell’elevato inquinamento atmosferico e delle basse temperature[2].
Più in generale si può affermare che l’inquinamento atmosferico contribuisce ad aumentare il rischio di contrarre sindrome simil influenzali[3] e la mortalità di queste patologie e che un aumento del PM10 di 10 μg/m3 aumenta la percentuale dei decessi delle patologie respiratorie del 2,29%[4].
Ma tornando al Coronavirus c’è un altro aspetto che colpisce. Al seguito delle misure restrittive applicate si sta osservando un fenomeno interessante: l’economia si blocca, le borse crollano e ….. migliorano i livelli di inquinamento dell’aria.
In Cina le misure per contenere la diffusione del virus sono ormai operative da oltre due mesi. Le immagini della NASA mostrano un vero e proprio crollo dell’inquinamento da ossidi di azoto (NO2) associabile al fermo forzato di automobili, centrali a carbone e industrie.
In Cina ogni anno muoiono circa 1,2 Milioni di persone a causa dell’inquinamento dell’aria, vale a dire circa 3288 al giorno.
Quante persone in meno moriranno ora che l’inquinamento è sceso? Difficile dirlo in mancanza di dati certi ma potrebbero essere pari o forse più dei morti per coronavirus.
Per l’Italia ancora non ci sono dati sufficienti per poter fare un bilancio sull’inquinamento dell’aria. Le immagini satellitari che confrontano i valori attuali con quelli dell’anno passato mostrano un calo più che vistoso delle concentrazioni di NO2. Anche le concentrazioni di PM10 e PM 2.5 delle regioni del nord colpite dal coronavirus sono rientrate ben aldisotto del valore massimo di legge di 50 μg/m3.
Non resta che augurarci che la politica rifletta su questo aspetto affrontando l’emergenza inquinamento con la stessa decisione con cui sta affrontando il coronavirus.
O dovremo aspettare la prossima pandemia prenderci cura dell’aria che respiriamo?
[1] https://ehjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1476-069X-2-15
[2] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31684915
[3] https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-019-7607-2
[4] https://academic.oup.com/aje/article/184/10/744/2332835
2 Comments
Ottimo lavoro!
Grazie Mirko, molto interessante e illuminante !