A: “Che cosa accade durante la schiusa delle uova di tartaruga, quando si alza l’alta marea? Tutte le tartarughe corrono verso il mare e per guadagnare terreno salgono persino una sull’altra!”
B: “Dunque dovrei calpestare i miei fratelli e sorelle per sopravvivere?”
A: “Sì, questa è la normalità”
(dialogo tra psichiatra e aspirante paziente)
Siamo sicuri che l’uomo sia portato per natura a prevaricare su altri esseri viventi come la nostra società parrebbe farci credere?
Oppure l’amore, la compassione, l’onestà, l’altruismo possono essere caratteristiche intrinseche di ogni essere umano?
Prendete un bambino… mettete vicino a lui una mela e un coniglio e fatemi sapere come si comporta.
Se dovesse giocare con la mela e divorare il coniglio vorrebbe dire che non ho capito nulla della vita.
Più della metà degli uomini che abitano questo pianeta vive oggi nelle città, in un contesto in gran parte artificiale e seguendo ritmi che spesso non gli appartengono.
Viviamo in cubicoli di cemento, ci muoviamo con automobili, ci cibiamo di alimenti industrializzati dove spesso solo la lista degli ingredienti suggerisce la loro connessione alla terra.
Per l’uomo post-moderno sono ormai rari i contatti con la natura e, di conseguenza, scarsa la consapevolezza di come ad essa siamo legati dalla trama della vita.
Viviamo nel mondo dell’uomo, da lui costruito ad immagine e somiglianza della propria visione del mondo.
La nostra società si è sviluppata in una direzione fortemente competitiva. Tendiamo a credere che questa sia un’ovvia conseguenza della spietata lotta per la vita che osserviamo nel mondo naturale.
Sopravvive il più forte, pare essere l’assunto fondamentale della nostra società. Le ripercussioni di ciò si osservano nelle teorie economiche e sociali che hanno dominato il ‘900 e si rispecchiano nella nostra vita di tutti i giorni.
Fin dall’infanzia siamo incoraggiati alla competizione negli sport e negli studi come pure ad acquistare oggetti status symbol per comprarci una qualche superiorità sui nostri compagni.
Peccato che quando questa espressione fu coniata da Herbert Spencer e Charles Darwin questa frase fu intesa in modo diverso: Sopravvive il più adatto.
Adatto e forte sono parole profondamente diverse. Ad esempio adatto necessita di un contesto, forte è un termine assoluto. Cambiare il contesto cambia necessariamente chi è definito più adatto alla sopravvivenza.
I risultati di uno studio di due scienziati tedeschi (Fehr and Schmidt, 1999) ci confermano proprio questo quando scrivono: “Risulta che il contesto economico determina se sono le persone eque o quelle egoiste a prendere il sopravvento”.
È anche interessante notare come la percezione del nostro livello di successo all’interno di una società, misurata attraverso l’autostima, sia ovviamente connessa all’ambiente in cui viviamo. Lo stesso studio osserva come nelle società dove viene incoraggiata la competizione, i bambini associano a comportamenti competitivi il più alto livello di autostima. Al contrario, in società dove viene incoraggiata la cooperazione, i comportamenti vincenti diventano quelli cooperativi.
La cultura dominante determina quali sono i comportamenti dei bambini più adatti e quindi la loro autostima.
Dunque la nostra cultura, permeata da competizione, egoismo e individualismo, trae la propria giustificazione intellettuale dall’osservazione di un mondo naturale competitivo e spietato dove si lotta per la sopravvivenza.
Eppure la natura non è solo competitiva. La competizione è certamente presente ed evidente, ma bisogna considerare che in un’ottica più ampia, il conflitto è un notevole spreco di energia.
Bibliografia: Ernst Fehr & Klaus M. Schmidt, 1999. “A Theory Of Fairness, Competition, And Cooperation,”The Quarterly Journal of Economics, MIT Press, vol. 114 (3), pages 817-868, August. (Pdf completo 441Kb)
(continua)
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