Nei giochi il protagonista, in base al lancio di dadi, alla carta ricevuta o alla posizione del giocatore prende le fattezze di eroe o di mostro. Sta fermo un giro, viene ucciso o vince. L’orso trentino sembra per l’appunto essere il protagonista di uno strano gioco. Infatti è (stato?) un “eroe” del turismo e della scienza. Fino a che hanno cambiato le regole del gioco stesso.
Questo plantigrado in Trentino non c’era più, decimato dall’uomo. E’ stato così catturato in altre zone, spostato e rilasciato in nome di una biodiversità perduta ma ritrovata.
Forse.
L’orso era l’eroe di questo piccolo miracolo, almeno fino a quando è rientrato in un progetto milionario totalmente a carico dell’Europa denominato “Life Ursus”. Un’iniziativa che, dal 1996 al 2000, quasi meglio che in un film di Walt Disney portò l’orso ad essere amico di tutti, anche perché oltre a portare soldi in Regione non faceva male a nessuno. Anche perché la popolazione sapeva come comportarsi con lui.
Del resto, più del 70% degli abitanti si erano detti a favore del rilascio di orsi nell’area, e norme di comportamento per una corretta convivenza interspecifica uomo-orso, stilate in seguito a diversi studi, erano state diffuse in tutte le zone interessate dalla sua presenza.
Questo idillio è proseguito fin oltre il 2004, grazie a un altro progetto simile a “Life Ursus”.
Nel 2009, diversi enti italiani hanno presentato la propria candidatura volontaria per essere inseriti nel nuovo progetto europeo denominato “Arctos – Conservazione dell’orso bruno: azioni coordinate per l’areale alpino e appenninico“, “solo” cofinanziato dall’Europa.
Dal 2010 al 2014, per il progetto Arctos la spesa complessiva è stata di circa 4 milioni di euro, di cui quasi il 70% a carico dell’Ue (già incassati dai promotori), mentre il restante 30% a carico del nostro Paese.
Ed è qui che il gioco cambia.
Ecco che l’orso man mano si trasforma da Winnie the Pooh in feroce belva da braccare. Daniza e gli altri diventano un pericolo pubblico, magari perché stanno semplicemente difendendo i propri cuccioli, o perché si sono avvicinati troppo agli insediamenti umani. Alla fine spaventano anche se o quando lontani da tutto e tutti.
Ma quando l’orso si trasforma in mostro? Non con la luna piena, ma quando, a soldi europei intascati, bisogna finanziare la nostra parte di biodiversità orsina mentre magari si preferirebbero usare i soldi per una pista di sci.
E tu guarda il caso: a Pinzolo, il paesino in provincia di Trento in cui è stata uccisa Daniza, è in progetto l’ampliamento dell’area sciistica, bloccato a suo tempo proprio a causa di Life Ursus.
Ma noi siamo solo dei complottisti, e di sicuro tutto ciò non c’entra nulla. Come non c’entra il fatto che Daniele Maturi, il fungaiolo “vittima” di (mamma) Orsa Daniza, sia un dipendente delle Funivie Pinzolo, di mestiere battipista.
I “gomblottisti” come noi qui direbbero che il gioco è fatto: senza orsi non dobbiamo spendere quel 30% previsto. O, ancora meglio, introduciamo gli orsi, prendiamo i soldini, poi li ammazziamo o li mettiamo in gabbia, ricominciando con altri progetti e altri finanziamenti, aprendo piste e facendo ciò che più ci piace. Il tutto ovviamente in barba al reintegro della biodiversità, decantata anche dal Papa, che a pagina 70 della sua Enciclica scrive: “Possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione”.
Gli amanti del sarcasmo poi, leggendo l’ordinanza dell’11 giugno 2015 di “Intervento di monitoraggio, identificazione e rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica” del Presidente della Provincia Autonoma di Trento, la commenterebbero paragonandola ai ridicoli processi medioevali agli animali.
Eppure nel sito della provincia stessa, sull’orso bruno si legge: “Non è un animale aggressivo, anche se la grossa mole e la forza fisica lo rendono potenzialmente capace di ferire o uccidere una persona; gli attacchi (rarissimi) non sono comunque mai il risultato di un comportamento predatorio, ma piuttosto di autodifesa. E’ dunque fondamentale conoscere le sue abitudini e il suo comportamento per evitare inutili situazioni rischiose”.
E ancora: “In Italia, nelle Alpi e negli Appennini, non sono documentate aggressioni deliberate nei confronti dell’uomo negli ultimi 150 anni, ad eccezione dell’attacco condotto da un orsa accompagnata dai suoi cuccioli. L’orsa è stata sorpresa a distanza ravvicinata da un raccoglitore di funghi che è stato ferito e curato in ospedale”.
Visto che io, nonostante alcuni possano pensare il contrario, non sono né un sarcastico né un complottista, da ingegnere vado meglio con i numeri. Mi sono quindi chiesto cosa dicano i dati ufficiali in merito alle casistiche che producono reali pericoli per gli utenti dei parchi e della montagna.
E ho trovato queste interessanti statistiche di persone decedute e ferite in ambito alpino/appenninico:
- In media sono “circa 70-100″ le vittime da morsi di vipera che ogni anno finiscono all’attenzione del Centro antiveleni-Centro nazionale di informazione tossicologica (Cav-Cnit).
- 650 sono i casi di intossicazione da funghi raccolti e 6 decessi.
- 500 morti, 1700 feriti gravi l’anno per incidenti di sciatori, escursionisti, e valanghe.
- 22 morti e 66 feriti, di cui 2 bambini, in soli 5 mesi (durata media delle stagioni di caccia) per essere stati erroneamente impallinati dai cacciatori mentre si era in passeggiata, escursione, in mountain bike, addirittura mentre si sta vicino o dentro casa!
Ricapitoliamo le casistiche: morti e feriti sulle piste da sci, morti e feriti per valanghe, morti per aver mangiato funghi “sbagliati”, morti per essere scivolati durante gite e scalate, morti e feriti per morsi da vipera e punture di api, calabroni, vespe e tafani, feriti e morti impallinati dai cacciatori.
Nessuna vittima da orsi!
Quelli accennati però sono solo “tragici incidenti”: vengono chiamati così i decessi da doppiette, nello schizofrenico tentativo di smorzare l’assurdità di questi morti ammazzati da un’attività dannosa, pericolosa, poco controllata e soprattutto mal tollerata dal 99% della popolazione (chiamata “sport” da meno dell’1% degli italiani).
L’orso, invece, per qualche graffio è un potenziale assassino pericoloso da braccare, rinchiudere o uccidere.
Se quello che conta sono i numeri di morti e feriti, c’è da chiedersi se, in nome della sicurezza pubblica, la Provincia autonoma di Trento farà le stesse ordinanze per vipere, calabroni e cacciatori.
O quello è forse un gioco diverso?
Tutti coloro che non sono d’accordo a vario titolo con questo “gioco” si ritroveranno sabato 27 giugno 2015 al CORTEO IN DIFESA DEGLI ORSI TRENTINI, dalle ore 15:00, in Piazza Dante a Trento, e dimostrare la propria opposizione alla fallimentare politica di gestione degli orsi tenuta dall’amministrazione trentina.
Un appuntamento da non perdere!