L’Italia è uno dei paesi più vulnerabili e maggiormente interessati alla questione dei cambiamenti climatici. Alla pessima gestione del territorio, infatti, si aggiunge l’intensificarsi di alluvioni ed eventi climatici estremi che ci hanno già fatto vedere anche quest’anno le prime tragedie del “maltempo”. Un fenomeno di cui invece si parla molto meno, ma che è sempre più preoccupante, è quello della desertificazione: una piaga che sta colpendo a fondo il nostro paese.
Nonostante un governo più innamorato delle trivelle che dell’efficienza energetica e delle rinnovabili, nonostante un popolo in gran parte più preoccupato delle sorti di una squadra di calcio che della capacità di produzione agricola nazionale, nonostante giornali che scrivono sempre di gossip pubblicano foto di gattini che giocano invece che uno straccio di articolo sulla nostra mozione sul clima, l’Italia è una nazione che sta subendo i primi pesanti effetti della desertificazione.
Già ad oggi, infatti, è a rischio circa un quinto del territorio nazionale. Le zone più colpite, ovviamente, quelle del sud, a partire da regioni come Sicilia, Puglia, Molise e Basilicata. “Gli ultimi rapporti ci dicono che è a rischio desertificazione quasi 21% del territorio nazionale, il 41% del quale si trova nel sud”, spiega sul sito del CNR Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche: “Sono numeri impressionanti che raccontano di un problema drammatico di cui si parla pochissimo”.
Appunto.
“In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%”, puntualizza Centritto: “Mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%”.
Ditemi un po’ se non è urgente avviare azioni strategiche per mitigare i cambiamenti climatici.
Prima di arrivare a un punto di non ritorno, suggerisce il ricercatore, sarebbe opportuno rivedere le nostre politiche energetiche. Chissà se questo messaggio arriverà mai al fossile Renzi e alla sua cricca petrolifera.
Ma non si tratta solo di ambiente. Il dramma della desertificazione è anche umanitario, e sociale, dato che crea e acuisce anche ondate migratorie che, al di là dei teatrini europei sui profughi siriani, ha dimensioni ben maggiori, interessando già da anni decine di milioni di persone.
“Molte persone che arrivano da noi non fuggono dalla guerra, ma da aree rese invivibili dalla desertificazione, sono rifugiati ambientali”, spiega Mauro Centritto come abbiamo già fatto molte volte su questo blog (e sulla stessa mozione per il clima): “E il loro numero è destinato a crescere esponenzialmente nel prossimo futuro. Occorre un approccio sistemico al problema, capace di riportare in equilibrio ecologico i territori a rischio”, conclude l’esperto.
Ho una sola speranza, affinché in Italia la situazione cambi. Che Renzi e il suo governo dell’inciucio se ne vadano a casa al più presto, lasciando spazio a persone più competenti, più in buona fede e più sensibili ai reali problemi dell’umanità.
E questo dipende anche da noi cittadini. Da come voteremo alle prossime elezioni.