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La chiave della conservazione della biodiversità sta nella riduzione del consumo di carne. Lo riconferma uno studio pubblicato su Science of the Total Environment, in cui sono stati esaminati, fra le altre cose, i modelli di consumo di carne nell’America “tropicale”, in Africa e in Asia. Lì, in particolare, preoccupano ovviamente gli eccessivi consumi di proteine animali della Cina: sempre di più e sempre più insostenibili.

Il consumo di prodotti alimentari di origine animale da parte degli esseri umani è “una delle più potenti forze negative che riguardano la conservazione degli ecosistemi terrestri e della biodiversità”. Parlano chiaro gli scienziati autori dell’ultima grave accusa scientifica fatta al mondo delle carni: Biodiversity conservation: The key is reducing meat consumption.

Nella ricerca, gli autori Brian Machovina, Kenneth J. Feeleya e William J. Ripple non usano mezzi termini: “La produzione di bestiame è la principale causa della perdita di habitat, ed entrambi bestiame e produzione di materie prime sono in aumento nei paesi tropicali in via di sviluppo, in cui si trova la maggior parte della diversità biologica”.

In effetti, la ricerca oltre al costante aumento del consumo di carne e derivati animali in Cina mette in evidenza un dettaglio particolarmente inquietante: la produzione di carne è in costante aumento proprio in diversi paesi tropicali, quelli appunto più ricchi di biodiversità!

In questi, che dal Sudamerica vanno al sud-est asiatico fino a buona parte dell’Africa, al problema degli allevamenti di bestiame si aggiunge quello dell’elevato consumo di carne di animali selvatici.

Non solo. Dalla ricerca emerge un altro dato scioccante: entro il 2050, alcuni paesi potrebbero avere bisogno del 30-50% in più di superfici di terra, proprio per fronteggiare la maggiorata produzione di proteine animali.

Ma questa assurda macchina produttiva non è solamente una minaccia per la biodiversità e per gli ecosistemi di quasi tutto il pianeta, è anche uno dei primi fattori che determinano i cambiamenti climatici.

Ce lo ricorda ancora una vota questo autorevole studio, in cui si evidenzia anche come la produzione animale sia anche all’origine di una inaccettabile perdita dei suoli, consumo di acqua, inquinamento dei nutrienti e diminuzione di predatori ed erbivori selvatici, aggravando la pressione sugli ecosistemi e sulla stessa biodiversità.

Le soluzioni portate dagli studiosi mirano a una riduzione del consumo di carne o a una sostituzione di alcuni alimenti o prodotti di origine animale con altri. In altre parole, secondo gli autori della ricerca si può ovviare a questa immane devastazione della biodiversità nella riduzione, sostituzione e reintegrazione della produzione animale.

Io mi permetto di alzare il tiro: l’unica soluzione sta nell’eliminazione della carne e degli alimenti di origine animale dalla propria dieta. Solo così si può veramente mangiare sostenibile, ossia nutrirsi in modo appropriato senza minacciare la nostra stessa esistenza su questo piccolo e limitato pianeta.

 

Per portare avanti la causa di #iomangiosostenibile, il 12 settembre a Mantova e il 13 settembre a Ivrea parteciperò a due importanti eventi. Se siete in quelle zone, ci vediamo là!

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