La convivenza di sensibilità e #cibo
La proposta di legge per le Mense sostenibili è attualmente in discussione su LEX fino al 20 Luglio per essere migliorata ed integrata e stimolare la discussione su questo tema importantissimo.
Una critica che ci è stata mossa è stata quella all’articolo 4 della proposta, che istituisce un giorno alla settimana in cui nelle mense pubbliche vengono serviti esclusivamente alimenti di origine vegetale. Secondo alcuni questo lederebbe il diritto ad alimentarsi come meglio si crede e quindi la libertà individuale.
Ecco il commento in proposito del legislativo della commissione ambiente Tullio Berlenghi:
La scelta di rinunciare ad alimentarsi con prodotti animali (vegetariani) o anche dei prodotti di origine animale (vegani) attiene, in tutta evidenza, alla sfera di libertà individuale e – nel quadro normativo attuale – non ci sono dubbi sul riconoscimento di questo specifico diritto. Del resto, magari per ragioni legate alla propria religione, ci sono persone che decidono di escludere alcuni cibi dalla propria alimentazione.
Sono decisioni che, in linea di massima, non creano contrasti con le scelte, altrettanto legittime, di regimi alimentari differenti. Ci sono però situazioni, come la ristorazione collettiva, dove la “convivenza” delle singole sensibilità può creare problemi, soprattutto dal punto di vista dei costi, visto che il soggetto che eroga i pasti è costretto a maggiori spese per garantire che ognuno possa esercitare il suo diritto.
Ma in cosa consiste questo “diritto”? Il diritto ad un’alimentazione basata sulle proteine animali è un diritto che ognuno esercita liberamente nella propria sfera privata, ma che è leggermente affievolito negli ambiti della ristorazione collettiva dove, di norma, è garantito il riconoscimento di una varietà di scelta ragionevolmente ampia, grazie alla larghissima diffusione di alcuni regimi alimentari e ai costi abbastanza accessibili della gran parte dei prodotti.
Ma la variabile dei costi è già un elemento che comporta delle “privazioni” in mense e self-service aziendali, dove non è certo usuale trovare pietanze particolarmente pregiate, come, ad esempio, il lardo di Colonnata o il tartufo di Alba. Inoltre la scelta di chi gestisce un servizio di ristorazione tiene necessariamente conto delle abitudini e delle preferenze della maggior parte dei frequentatori, onde evitare sprechi e conseguente aumento dei costi gestionali.
Appare evidente che l’imposizione di garantire alcune scelte può rappresentare un costo aggiuntivo. Le possibili opzioni aggiuntive possono essere determinate da motivi di salute (ad es. celiachia o intolleranze alimentari), da ragioni religiose, etiche o anche semplicemente di gusto. Questo comporta, per non incidere eccessivamente sull’onere economico complessivo, l’esigenza di ridurre alcune possibili opzioni.
Del resto, anche senza imporre l’obbligo dell’opzione vegana o vegetariana, nessuno si stupisce se in un giorno alla settimana non troverà, ad esempio, il pesce. Si pensa forse che ci sia la lesione o l’affievolimento di un diritto in una mensa dove, in un determinato giorno, non viene cucinato il pesce?
Lo stato di diritto è caratterizzato dall’esigenza di contemperare aspettative, interessi e diritti individuali, iscrivendoli nel più ampio ambito dell’organizzazione economica e della tutela dei beni comuni. Appare infatti pacifico che si possa impedire parzialmente o totalmente l’accesso all’interno dei centri storici con l’autovettura privata, scegliendo di far prevalere le esigenze di tutela della salute e di miglioramento della qualità urbana a scapito di quello che potremmo definire il legittimo interesse del singolo ad utilizzare il proprio veicolo anche nelle zone a traffico limitato. Non esiste alcun diritto soggettivo alla “libera mobilità”, così come la nostra Costituzione e il nostro ordinamento non garantiscono un diritto soggettivo all’alimentazione a base di proteine animali in una mensa pubblica in ogni giorno della settimana.
L’ipotesi di prevedere, per un unico giorno della settimana, l’esclusione dei prodotti animali dalla ristorazione collettiva pubblica risponderebbe a quell’esigenza di bilanciamento degli interessi di cui la pubblica amministrazione è tenuta a farsi carico. L’interesse, dunque, ad un alimentazione varia e completa che comprenda i prodotti di origine animale sarebbe garantito dalla varietà disponibile durante il resto della settimana, mentre l’opzione vegana o vegetariana in uno specifico giorno, consentirebbe da un lato di ridurre sensibilmente i costi di gestione della mensa, dall’altro darebbe anche un significativo contributo sul piano della sostenibilità ambientale, in considerazione dell’enorme impatto che i prodotti di origine animale determinano sull’ambiente e sull’ecosistema.
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