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In questi giorni in cui grazie alla COP21 il clima è una volta tanto al centro dell’attenzione globale, sembrano avere ancora più valore le iniziative che portano a ridurre le emissioni di gas climalteranti e la dipendenza dagli sporchi combustibili fossili proiettando verso un futuro che è fatto di tutt’altre fonti energetiche. Soprattutto se queste iniziative arrivano da Paesi che noi civili europei e sviluppati occidentali amiamo ritenere più “indietro” dei nostri. È il caso del Marocco, dove il desiderio di liberarsi dalla schiavitù dei fossili necessari a produrre l’elettricità che acquista dalla Spagna, ha portato alla costruzione della centrale solare forse più grande del mondo.

L’impianto verrà inaugurato questo mese, sorgerà nel deserto del Sahara, vicino alla città di Ouarzazate, e coprirà un’area vasta quanto 35 campi di calcio. Il complesso sfrutterà tre diverse tecnologie: un sistema a concentrazione solare da 160 MW, un impianto solare termodinamico a specchi parabolici da 300 MW, e una serie di collettori parabolici a cilindro da 150 MW in totale. Ma la cosa più importante, è che fornirà energia elettrica a zero emissioni a circa un milione di persone.

Inizialmente la mega-centrale solare produrrà energia per le prime tre ore di buio, ma in seguito sarà in grado di produrre energia elettrica per 20 ore ogni giorno. Il suo funzionamento è infatti diverso da quello del fotovoltaico: “Prevede l’accumulo di radiazioni solari sotto forma di calore, che nel corso della notte viene convertito in elettricità mediante l’ausilio di una turbina a vapore”, scrive Focus: “La resa è garantita dal fatto che gli specchi mobili puntano sempre verso il sole – una costante nel deserto africano”.

Questo impianto da 500 MW, costruito da una compagnia saudita e co-finanziato dagli Emirati Arabi, è in realtà una parte di un progetto di indipendenza energetica molto più vasto, con cui il Marocco mira a raggiungere il 42% di energia pulita entro il 2020 e un taglio di CO2 del 32% entro il 2030.

Ma anche un modo per iniziare ad emanciparsi dall’importazione di elettricità dalla vicina Spagna (da cui al momento è totalmente dipendente), dove come in Italia non solo si tende a guardare con sufficienza se non con arroganza all’altra sponda del Mediterraneo, ma dove le rinnovabili si sono fermate al boom speculativo di qualche anno fa, lasciando invece il dominio nella produzione di energia elettrica ai combustibili fossili.

Ma non è strano e singolare che i Paesi arabi maggiori produttori di petrolio siano impegnati in questi mega progetti di produzione di energia pulita proiettandosi verso il futuro mentre tutto l’Occidente è ancora impegnato nella lotta per i combustibili fossili?

Anche l’Italia non fa eccezione, e mentre dall’Arabia al Maghreb si sviluppano e implementano le rinnovabili, preparandosi ad esportare energia prodotta con il sole invece che con il petrolio, siamo costretti a sentire ancora parlare di carbone e trivelle. E pensare che sole, vento ed acqua ci potrebbero far fare enormi passi verso una maggiore indipendenza energetica.

Ovviamente non abbiamo il Sahara su cui costruire una mega-centrale vasta quanto la città di Rabat, (di sicuro non è per nulla auspicabile coprire altri ettari di terreni agricoli con i pannelli come purtroppo è già stato fatto anche troppo),e non abbiamo nemmeno il sole che in Africa domina sovrano.

Ma con un minimo di intraprendenza e pianificazione insisto col dire che i tetti di case, edifici pubblici, capannoni e parcheggi predisposti per pannelli termici e fotovoltaici, uniti alle potenzialità del micro-eolico e soprattutto all’efficientamento energetico di apparecchi ed edifici, potrebbero darci una grande boccata di ossigeno. In ogni senso, sia a livello ambientale che economico.

È questa quindi la direzione in cui puntare, e nonostante le resistenze, sviluppo di nuove competenze e tecnologie, con conseguente nuova occupazione, riduzione di costi energetici e impatto sul clima e ambiente, è esattamente ciò che continueremo a chiedere con insistenza a questo governo.

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