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Emergenza cibo entro il 2050?
impronta-ecologica
E’ notizia recente che il Gruppo di esperti sul cambiamento climatico (ICCP) afferma che le previste mutazioni del clima porteranno preoccupanti e crescenti scarsità dei raccolti, carestie, estinzione di piante ed animali.
Al tempo stesso La FAO ci avvisa che entro il 2050 raddoppierà il fabbisogno mondiale di cibo, creando una vera e propria emergenza.
Questo raddoppio è legato a due fattori: l’aumento della popolazione e il maggiore consumo di alimenti di origine animale in atto principalmente nei paesi emergenti.

La prospettiva, insomma, non parrebbe delle migliori…

La soluzione che nasce dal basso

calcolo-improntaPossiamo fare qualcosa?
Forse sì, e, anche in questo caso, la soluzione potrebbe partire dal basso, dalle azioni dei cittadini.
Se una massa critica decidesse di modificare le proprie abitudini alimentari si verrebbe a determinare un cambiamento incisivo nell’ambito della sostenibilità ambientale, sanitaria ed economica.
La rivoluzione, insomma, la si può fare lungo i corridoi del supermercato armati di carrello e buon senso.
Se nella nostra spesa quotidiana scegliessimo di diminuire i prodotti di origine animale avremmo un enorme calo del fabbisogno mondiale di cibo.

Spreco di risorse alimentari degli allevamenti
fig_2
Le risorse alimentari consumate dagli animali che alleviamo sono infatti molto maggiori di quante essi ne producano sotto forma di prodotti derivati (carne, latte e uova) destinati al mercato.

Si pensi che in America il 70% dei cereali prodotti è destinato agli allevamenti di animali!

Impatto ambientale: proteine animali e proteine vegetali a confronto

Ma parliamo di impatto sull’ambiente. Esistono indicatori ambientali internazionalmente riconosciuti. Gli studi sull’
impronta idrica e sull’impronta ecologica degli alimenti confermano la necessità di diminuire prodotti di origine animale e di aumentare frutta e ortaggi. 

impronta-ecologicaTabella impronta ecologica: indicatore che valuta il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle
piramide-impronta-idrica-alimenti
 Tabella impronta idrica: volume totale di acqua dolce impiegata per produrre un prodotto

fig_7Dai grafici si evince quanto sia dispendioso per la terra e per l’uomo trarre nutrimento dai prodotti animali.

Basti pensare che il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consumato dalla zootecnia e dall’agricoltura (i cui prodotti servono per la maggior parte a nutrire gli animali d’allevamento).

Dal punto di vista economico gli allevamenti stessi si reggono in piedi esclusivamente grazie agli incentivi statali.

Rendimento trofico: allevamento e agricoltura a confronto

Diminuendo le proteine animali in favore di proteine vegetali avremmo un
miglioramento della salute (come confermano numerosi studi scientifici e l’OMS stessa), un netto risparmio nell’ambito sanitario (pubblico e privato), ma
fig_3 soprattutto a parità di ettari riusciremmo a sfamare molti più uomini rispetto agli allevamenti inquinando meno.
Il rendimento proteico dei prodotti della terra è maggiore del rendimento degli allevamenti: se destinassimo un ettaro di terra all’allevamento bovino otterremmo in un anno 66 Kg di proteine; destinando lo stesso terreno alla coltivazione dei cereali otterremmo fino a 1800 Kg di proteine, cioè 28 volte di più. (J. Andrè, Sette miliardi di vegetariani, 1988, Giannone Ed., Palermo
Per quanto riguarda il rendimento energetico, un ettaro coltivato a patate permette di ottenere 102.080 Mj di energia, un ettaro coltivato a riso 87.768 Mj.
Invece un ettaro di terreno destinato all’allevamento di manzo permette di ottenere solo 4.796 Mj di energia (F. Caporali, Ecologia per l’agricoltura, UTET 1991).

Vantaggi sanitari per chi fa consumo critico

http://www.dreamstime.com/-image23964602Lo studio condotto dal Dott. Peter Clifton, professore di nutrizionismo (pubblicato sul Current Atherosclerosis Reports), evidenzia come una dieta ricca di proteine animali aumenti il rischio di mortalità del 20%, mentre se si andavano a sostituire le proteine della carne con quelle dei legumi, diminuiva di un ben 23%.
Lo studioso ha poi constatato che una dieta a base di legumi si associa ad un calo di rischio di malattie cardiovascolari che oscilla dal 13 al 30%, paragonata alla dieta di carne rossa. (1-13)
Qualcuno potrebbe obbiettare “L’uomo ha sempre mangiato carne! Possiamo veramente diminuire fortemente il consumo di carne senza danneggiare la nostra salute?
Ma questo sarà argomento del prossimo articolo.

A presto cari lettori!


Fonti:

 1) McMichael A., Vegetarians and longevity: imagining a wider reference population. Epidemiology v.3 (5) p.389-391, 1992.
 2) Chang-Claude J. et al, Mortality pattern of German vegetarians after 11 years of follow-up. Epidemiology vol.3 (5) p.395-401, 1992.
 3) Thorogood M. et al., Risk of death from cancer and ischaemic heart disease in meat and non-meat eaters. British Medical Journal v.308 p.1667-1671, 1992.
4) Kahn H.A. et al., Association between reported diet and all-cause mortality: 21 year follow-up on 27,350 adult Seventh-Day Adventists. American Journal of Epidemiology vol.119 p.775-787, 1984.
 5) Messina VK, Burke KI, Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets. J Am Diet Assoc 1997;97:1317-1321.
 6) Barnard N.D., Nicholson A., Howard J.L., The Medical Costs Attributable to Meat Consumption. Preventive Medicine; Vol 24, 1995, P646-55.
 7) ML Burr, BK Butland, American Journal of Clinical Nutrition, Vol 48, 830-832 (1988), Heart disease in British vegetarians.
 8) Ellis, FR. & Montegriffo, V.M.E. (1970). Veganism, clinical findings and investigations. Am. J. Clin. Nutr. 23:249-255.
9) Ellis, FR. & Montegriffo, V.M.E. (1971). The health of vegans. Plant Fds. Hum. Nutr. 2:93-103.
 10) Ellis, FR., West, E.D. & Sanders, T.A.B. (1976). The health of vegans compared with omnivores: assessment by health questionnaire. Plant Fds. Man. 2:43-52.
 11) Sanders, T.A.B. (1978). The health and nutritional status of vegans. Plant Fds. Man. 2:181-193.
 12) Sanders T.A.B. (1983). Vegetarianism: dietetic and medical aspects. J. Plant Foods. 5:3-14.
13) Lockie, A.H., Carlson, E., Kipps, M. & Thomson, J. (1985). Comparison of four types of diet using clinical, laboratory and psychological studies. J. Roy. Coll. Gen. Pract.35:333-336.
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