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A breve quando andrete al bar e chiederete un cappuccino con latte di soia forse non sapranno più che cosa darvi. Di cosa parlo? Una recente sentenza della Corte di giustizia europea ha decretato che «i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come “latte”, “crema di latte” o “panna”, “burro”, “formaggio” e “yogurt”, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale».

Ma cos’è successo, perché improvvisamente la corte si esprime sul latte in questi termini? Dobbiamo andare in Germania, dove si è aperta una controversia tra la società TofuTown, che produce e distribuisce alimenti vegetariani e vegani come “burro di tofu” e “Veggie-Cheese”, e la Verband Sozialer Wettbewerb, un’associazione tedesca che ha l’obiettivo di contrastare la concorrenza sleale. La Corte ha dato ragione all’associazione, ricordando che le leggi dell’Ue riservano, con poche e ben definite eccezioni, le denominazioni in questione esclusivamente ai prodotti di origine animale e che quindi la TofuTown viola la normativa dell’Unione.

Molti diranno che la Corte si accanisce con i prodotti vegani, altri che si limita a far rispettare quanto previsto dalla normativa. La sentenza a quanto pare servirebbe a difendere la libera scelta dei consumatori che potrebbero essere tratti in “inganno” dalle diciture delle etichette. Ma vediamo un altro aspetto.

Sapevate che al latte vaccino in Italia viene applicata l’iva agevolata al 4% mentre al latte di soia, di mandorla, di riso e simili l’iva sale al 22%? Aggiungo che l’iva al 22% è la stessa che si impone ai beni di lusso (c’è in corso una petizione lanciata anche da Il Salvagente)

Sembra importare poco se i cosiddetti ‘latti’ vegetali sono sempre più consumati e diffusi per cui, forse, c’è poco da considerarli come beni di lusso. Sempre più persone infatti stanno orientando i consumi su latti alternativi, sia per ragione di salute (allergie al latte vaccino) sia per motivi etici e salutistici. Lo stesso Rapporto Eurispes ha evidenziato il triplicarsi del numero dei vegani in Italia (sarebbero il 3% della popolazione nazionale).

La sentenza, più che tutelare i consumatori da diciture ingannevoli (attribuzione di nomi lattieri ai prodotti di origine vegetale) sembra più che altro una reazione provocata dalla paura dei nuovi trend di consumo alimentare – la stessa Coldiretti quantifica, relativamente alle vendite del latte di soia, un incremento del 7,4% nell’ultimo anno –  in un clima di sempre maggior accanimento accanimento che si respira nei confronti dei prodotti vegetali.

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