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Nucleare: per un pugno di voti, grazie a questo governo, il rischio è altissimo e le multe salate.

Era il 29 aprile 2016 quando Bruxelles ha messo in mora il nostro Paese per la (mala)gestione delle scorie radioattive. È passato un anno. Un anno dall’apertura della procedura di infrazione contro l’Italia da parte della Commissione Europea a causa del ritardo con cui il programma nazionale per l’attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei combustibili radioattivi è stato inviato alla Commissione Europea, e da allora nulla è cambiato. Anzi, nessuna delle criticità sollevate dalla Commissione è stata risolta.

In barba alla direttiva 2011/70/Euratom (che regola la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi) ad oggi il governo e in particolare il ministero dello Sviluppo Economico (l’ente italiano direttamente interessato alla pratica) non ha ancora presentato alcun programma per la gestione dei rifiuti nucleari (che doveva essere definito già entro la fine del 2014 per poi essere adottato) né la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), che dovrebbe stabilire dove localizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il parco tecnologico che entro il 2024 dovrebbero essere realizzati.

Il motivo di tali inadempienze è presto detto: siamo in mano a un esecutivo, l’ennesimo, che a tutto pensa fuorché all’interesse dei cittadini e alla tutela del territorio. Meglio quindi rimandare, pagare multe, mettere a rischio la salute pubblica e attendere l’emergenza piuttosto che redigere un programma e presentare una mappa che, una volta svelata, provocherebbe una rivolta di popolo e ricadute pesanti in termini di consenso elettorale.

Ma non basta: attorno all’annoso problema del nucleare italiano ruotano tante altre questioni che finora tutti i governi che si sono succeduti hanno finto di non vedere.
Basti pensare ai vari problemi interni e ai vari cambi d’amministrazione della Sogin Spa, la società pubblica che ha il compito di smantellare gli impianti nucleari e gestire i rifiuti radioattivi.
O all’inadeguatezza dell’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, che dovrebbe controllare proprio l’operato di Sogin, ma che non è mai entrato davvero in attività.
O ancora ai costi elevatissimi che i cittadini italiani pagano per la copertura delle spese di decommissioning (smantellamento delle centrali nucleari), che sono aumentati da 170 milioni di euro nel 2013 a 622 milioni nel 2015.

Tutto ciò è inammissibile e meriterebbe una risposta tanto seria quanto urgente. Che purtroppo non ci sarà. Siamo infatti siamo sicuri che per almeno un altro anno, fino a quando molto probabilmente – finalmente – andremo al voto, di questo argomento non si tornerà a parlare.

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