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Il tema è caldo, le frasi di pancia stanno invadendo il web portando spesso fuori strada in quanto si passa dalla versione “lupo assassino” alla versione “lupo cartoon”, entrambe non reali.

Basterebbe leggere i documenti redatti in collaborazione tra Ministero dell’Ambiente e Ispra, basati su ricerche scientifiche di biologici specializzati, per capire che il piombo sarebbe una scelta schizofrenica ed in malafede, equivalente del tappeto sotto cui si nasconde la sporcizia di casa. E sarebbe bello sapere i nomi di questi sedicenti 70 tecnici che hanno coadiuvato siffatte operazioni di “pulizia”.

La scienza, quella vera,  troppo spesso e da troppo tempo inascoltata, arriva a conclusioni diverse che, in soldoni, sono:

  • I danni  attribuiti ingiustamente ai lupi spesso sono imputabili a  cani rinselvatichiti o vaganti  di proprità, o ibridi perché la legge antirandagismo è applicata a colabrodo e c’è un Far West nel settore della compravendita di cani e ibridi.
  • Gli indennizzi previsti per gli allevatori (in particolare di ovi-caprini pascolanti) vengono dati a macchia di leopardo e spesso in ritardo,  non certo per colpa del lupo ma di amministratori locali sordi.
  • Il fenomeno dei danni è sovrastimato a causa delle immancabili frodi (per ottenere indennizzi non spettanti, per gonfiare numero e/o valore di mercato dei capi predati, ecc.) aiutate da un sistema di regolamenti di indennizzo discutibili (autocertificazioni,verifiche da parte di figure professionali inidonee, tempistiche di sopralluogo dopo settimane dall’evento, quando cioè rimane ben poco da verificare, ecc)   .
  • Nonostante funzionino bene, non  vi è l’obbligo di imporre le misure di prevenzione a chi  rischia danni da lupo (cani da pastore, recinzioni, ecc) quindi c’è chi preferisce polpette avvelenate ai tentativi legali (e sovvenzionati) di coesistenza.
  • Il lupo desta lamentele addirittura se cerca di mangiarsi le prede naturali (ungulati) perché  i cacciatori, gelosi della concorrenza naturale,  si arrabbiano e….voilà… ecco il bracconaggio, agito quasi indisturbatamente visto che tanto quasi nessuno indaga e punisce i colpevoli. E Le Regioni che fanno? Il paradosso: aumentano sempre di più il numero di cinghiali da far ammazzare a fucilate invece che permettere che se li mangino i lupi!
  • Le discariche a cielo aperto continuano a moltiplicarsi, e chiaramente, sono un attrattiva per tutta la fauna selvatica che si avvicina per cercare in qualche maniera di riempirsi la pancia.
  • Si cerca di addossare ad una manciata di carnivori selvatici semi-estinti, la colpa di un settore in calo, in primis, per il calo della domanda.
  • La folle idea di abbattere legalmente fino al 5% di lupi, non andrebbe a limitare il bracconaggio, che già intacca tra il 10 e il 20% della specie, ma si aggiungerebbe ad esso, aumentando la percentuale concreta al 25%. I branchi così disgregati e quindi impossibilitati a predare i selvatici probabilmente aumenterebbero gli attacchi agli animali più facili da cacciare, cioè il bestiame. Per questo motivo, per evitare il bracconaggio gli esperti consigliano di evitare la caccia nelle aree protette che invece sono sempre più “derogate” e “permissive” alle doppiette.
  • La disinformazione può condannare a morte gli innocenti, lupo compreso.

Questi punti che ho scritto sinteticamente, semplicisticamente e con il sarcasmo dello sconcerto, non me li sono inventati ma sono contenuti e sviluppati nelle ricerche ed analisi  presenti negli archivi ministeriali, (Salute e Ambiente)  evidentemente sconosciute a Galletti e Gentiloni.

Tutti questi studi andrebbero letti da chi  dovrà votare a breve sulla questione lupo, ammesso che si voglia votare onestamente e con cognizione di causa invece che far marchette a qualche categoria.

Visto che molti commentatori mi hanno richiesto di essere più preciso riporto qui sotto i passaggi cardine del “Piano d’Azione Nazionale”, precedente agli attentati del Pd, per chi volesse entrare nel dettaglio di tutto ciò che, se fatto concretamente ed onestamente, permetterebbe una coesistenza pacifica tra territorio selvatico e territorio antropizzato.

P.S. Fate sentire la vostra voce! Mandate una mail al ministro dell’Ambiente, Galletti, e al presidente della vostra Regione utilizzando il form qui –> https://goo.gl/c23H1z


 

Gestione dei conflitti (Paolo Orlandi/ISPRA)

Lupo, orso bruno e le altre specie di carnivori presenti nel nostro paese, la lontra, il gatto selvatico e, rarissima, la lince, sono rigorosamente protette e non è possibile tollerare che esse siano messe a rischio o perseguitate dalle uccisioni illegali.

La presenza dei predatori in aree antropizzate è inevitabile. E’ quindi indispensabile che la comunità scientifica e gli enti deputati ad amministrare il territorio nazionale, riescano ad elaborare ed applicare strategie di conservazione tendenti a minimizzare il conflitto fra predatori, allevatori e cacciatori.

Numerosi programmi finanziati dalla EU con fondi LIFE stanno approfondendo le principali tematiche gestionali, fornendo strumenti operativi sempre più efficaci. Occorre che le pubbliche amministrazioni centrali e locali sostengano con più incisività la realizzazione di quegli obiettivi prioritari di conservazione già chiaramente individuati dal “Piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo” (202), e condivisi da tutta la comunità scientifica nazionale.


La popolazione italiana riveste particolare importanza anche a livello internazionale, essendo una delle poche popolazioni superstiti dell’Europa occidentale. Diversi indicatori fanno ritenere che il lupo, che aveva  raggiunto in Italia la soglia dell’estinzione pochi decenni fa abbia registrato  un  incremento, sebbene debba essere considerato ancora oggi un’entità faunistica minacciata.  [..] Sebbene sia prevedibile un’ulteriore crescita ed un’espansione progressiva del lupo sulle Alpi, bisogna comunque considerare che questo livello numerico determina uno status ancora precario delle popolazioni..

2.4.1 Bracconaggio

La principale causa di mortalità accertata del lupo in Italia è rappresentata dal bracconaggio condotto con l’uso di bocconi avvelenati, lacci e armi da fuoco, in particolare durante le battute di caccia al cinghiale. Si ritiene che questo fenomeno rappresenti la prima causa di mortalità della specie.

Nel corso degli oltre vent’anni di protezione del lupo, a fronte di alcune centinaia di individui uccisi illegalmente in tutto il Paese, non si è verificato un solo caso di incriminazione di un racconiere.

Nonostante le oggettive difficoltà di carattere logistico, operativo e giuridico riscontrate nel perseguire gli eventi di abbattimento illegale, è evidente che non esiste una sufficiente determinazione nel perseguire gli illeciti, né nell’applicare le sanzioni previste dall’attuale quadro normativo (Francisci e Guberti, 1993).

Il bracconaggio si origina principalmente dai conflitti sia con l’allevamento, per la predazione esercitata su specie di interesse zootecnico, sia con l’attività venatoria, per la competizione tra il lupo e i cacciatori di ungulati.

La risoluzione o l’attenuazione dei conflitti tra il lupo e l’uomo – ottenute anche con un’adeguata azione di educazione ed il coinvolgimento delle categorie sociali interessate da tali conflitti nella definizione delle strategie di conservazione e gestione – rappresentano il più efficace strumento di riduzione del bracconaggio.

2.4.2 Qualità dell’habitat

Gli elementi ambientali più rilevanti nel determinare l’idoneità di un’area per il lupo sono la presenza di vegetazione in grado di assicurare una copertura dalla vista dell’uomo nelle ore diurne e la disponibilità alimentare sotto una qualsiasi forma, dai depositi di rifiuti alle prede domestiche e selvatiche.

La diffusione del lupo in Italia sembra non estendersi ad aree caratterizzate da densità di presenza umana superiore ai 30-40 abitanti/km2.

2.4.3 Piccoli numeri, basse densità e fluttuazioni demografiche

Il lupo vive normalmente a basse densità (1-3 individui/100 km2) e solo di rado sono state accertate densità maggiori . Questo contribuisce a mantenere consistenze comunque molto basse e conseguentemente ad aumentare la vulnerabilità del lupo a prelievi incontrollati come quelli determinati dal bracconaggio.

Poco si conosce della dinamica delle popolazioni in Europa, ma è certo che le popolazioni locali di lupo mostrano spesso elevate fluttuazioni numeriche, che talvolta possono arrivare ad un azzeramento temporaneo di interi nuclei: queste fluttuazioni sembrano causate o quantomeno favorite dall’azione massiccia e persistente degli abbattimenti illegali..

In Italia si stima che la popolazione di lupi negli ultimi vent’anni abbia avuto un incremento medio pari circa al 7% (Ciucci e Boitani,1998a).

2.4.5 Identità genetica

In Italia sono stati segnalati episodi di ibridazione cane-lupo (Randi e Lucchini, 2002).

Va inoltre sottolineato il proliferare di centri di allevamento di ibridi cane-lupo (i cosiddetti “lupi italiani” e “lupi cecoslovacchi”) a fini commerciali, che determina un concreto rischio di fughe e di rilasci intenzionali in natura di animali morfologicamente molto simili al lupo e caratterizzati da moduli comportamentali tali da aumentare sensibilmente il rischio di incrocio con il lupo.

In relazione a quanto sopra esposto, si ritiene che esista un concreto rischio di inquinamento genetico del lupo e si sottolinea l’urgenza di definire ed applicare efficaci misure di prevenzione di tale minaccia.

2.4.6 Altre minacce legate al randagismo canino

Le popolazioni di cani vaganti sul territorio, particolarmente diffuse in Italia, costituiscono una grave minaccia per la sopravvivenza del lupo, oltre che per il rischio di inquinamento genetico, anche per competizione e, non ultimo, per l’inasprimento dei conflitti con l’uomo

conseguente alla predazione esercitata dai cani sul bestiame domestico ed erroneamente attribuita al lupo (Ciucci e Boitani, 1998b).

Un’importante componente del fenomeno dei cani vaganti è rappresentata dalla presenza di cani padronali non controllati, il cui numero appare in sensibile crescita (Genovesi e Dupré, 2000).

2.4.7 Gestione locale e globale

Le competenze in materia di conservazione e gestione del lupo sono frammentate tra enti ed amministrazioni diverse, e ciò determina in molti casi una generale incoerenza delle strategie di intervento.

Mentre le leggi di protezione hanno valenza nazionale, la gestione è fondamentalmente affidata alle regioni ed alle province, le quali non hanno mai sentito il bisogno di coordinare i propri interventi,

con il risultato di una notevole diversità di azione tra aree diverse nell’applicazione sia delle leggi di protezione, sia delle norme relative al risarcimento dei danni.

Questa frammentazione è assolutamente inconciliabile con la necessità di promuovere una gestione del lupo a livello di popolazione, che richiede una prospettiva nazionale degli interventi (Boitani, 2000).

2.4.8 Conflitti economici

La predazione sulle specie allevate dall’uomo è uno dei principali problemi per la conservazione del lupo, perché tale impatto rappresenta un fattore scatenante della persecuzione verso il predatore.

 La perdita complessiva in termini assoluti è molto limitata, rappresentando una frazione irrilevante della mortalità complessiva registrata sul bestiame (Ciucci e Boitani, 1998b).

La percezione dell’impatto del lupo sul bestiame è pure amplificato dalla difficoltà di distinguere, nella gran parte dei casi, la predazione da parte dei cani da quella esercitata dal lupo (Ciucci e Boitani, 1998b;Cozza et al., 1996).

Gli attacchi si concentrano spesso su pochi allevamenti. (Ciucci e Boitani, 1998b; Poulle et al., 1998). Misure di prevenzione del danno possono risultare molto efficaci nel ridurre la vulnerabilità degli allevamenti (Wigg, 2001; Poulle et al., 1998; Katchensky, 1996).

2.4.9 Conflitti con l’attività venatoria

Il lupo è percepito come un competitore dai cacciatori di ungulati e tale forma di conflitto è probabilmente alla base di una porzione notevole degli episodi di bracconaggio che si registrano nel nostro Paese.

Il conflitto tra lupo e cacciatori sta risentendo dell’espansione della caccia agli ungulati (in braccata al cinghiale e in selezione agli altri ungulati) .

2.4.10 Conclusioni

Sulla base delle considerazioni sopra esposte, nella tabella 1 si riporta un sintetico quadro dei principali fattori di minaccia per il lupo, classificati secondo due categorie di impatto. Il quadro si basa sulla valutazione degli esperti che hanno collaborato alla redazione del presente piano d’azione; data la scarsità di dati oggettivi su questi aspetti, tale valutazione rappresenta la migliore base di conoscenze ad oggi disponibile. 2.5 Azioni già intraprese

In ottemperanza all’obbligo di risarcimento dei danni provocati dalla fauna selvatica, tutte le regioni interessate dalla presenza del lupo hanno promulgato normative che assicurano la refusione dei danni al patrimonio zootecnico causati da questo predatore.

Al fine di prevenire i conflitti del lupo con la zootecnia, diverse amministrazioni promuovono la messa in opera di strumenti di prevenzione dei danni, anche attraverso il finanziamento di recinzioni per la stabulazione notturna delle greggi.

3.1 Scopi della conservazione del lupo

Scopo generale della conservazione del lupo è quello di mantenere e ricostituire, in coesistenza con l’uomo, popolazioni vitali di questa specie come parte integrante degli ecosistemi e del paesaggio. La conservazione del lupo rappresenta una parte importante dello sforzo che deve essere messo in atto per mantenere la biodiversità ed assicurare la funzionalità degli ecosistemi presenti nel nostro Paese.

3.2. Aspetti socio-culturali

La conservazione delle specie selvatiche non è influenzata solo da fattori biologici ed ambientali, ma è in realtà sempre più legata a fattori umani (che includono aspetti economici, legali, istituzionali, politici e sociali). Questo è particolarmente vero nel caso dei grandi carnivori, per i quali le fonti di minaccia nascono spesso da conflitti con le attività dell’uomo.

Per quanto una larga parte degli italiani veda oggi con favore la presenza del lupo nel Paese, va sottolineato che alcune fasce sociali particolarmente sensibili alle diverse forme di impatto esercitate dal lupo (allevatori, cacciatori di ungulati) possono influenzare in modo determinante le sorti della specie (Breitenmoser, 1998). In accordo con i princìpi ricavabili dallo studio degli aspetti socioculturali della conservazione delle risorse naturali, elemento chiave per una politica realmente accettata e condivisa è quello di assicurare che i processi decisionali siano il più possibile aperti al contributo delle diverse componenti sociali.

3.2.3 Lotta al bracconaggio

Il bracconaggio rappresenta probabilmente la principale causa di mortalità del lupo in Italia. [..]Il numero complessivo di lupi morti rinvenuti e le analisi delle cause di mortalità sinora realizzate portano a ritenere che una percentuale variabile tra il 10 ed il 20% della popolazione complessiva venga illegalmente abbattuta ogni anno (Boitani e Ciucci, 1993).

Nonostante la diffusione di questo fenomeno, non si conosce nessun caso di condanna per bracconaggio sul lupo.

Risulta pertanto evidente la necessità di una maggiore incisività nell’azione di repressione di questa attività illegale, che va condotta tramite un incremento della sorveglianza, una più efficace azione di indagine sui singoli episodi di bracconaggio e con un più rigoroso controllo del commercio di sostanze tossiche.

3.2.4 Educazione e informazione

Il generale atteggiamento del pubblico rappresenta un aspetto critico della conservazione del lupo ed in questo senso si ritiene che il miglioramento dello status di questo predatore in Italia registrato negli ultimi decenni sia anche il risultato delle efficaci campagne di informazione e ensibilizzazione realizzate dagli anni ’70. Ancora oggi, al fine di assicurare nel lungo periodo la conservazione del lupo su scala nazionale, si ritiene fondamentale l’educazione e l’informazione dei diversi settori della società.

3.3 Controllo dei cani vaganti

La diffusa presenza nel nostro Paese di cani vaganti costituisce un importante fattore di minaccia per la conservazione del lupo e di diverse altre specie selvatiche (Boitani, 1983; Genovesi e Dupré, 2000).

I cani vaganti, infatti, entrano in competizione con il lupo per le risorse, costituiscono un grave pericolo sia per motivi sanitari sia per il rischio di ibridazione, e acuiscono il conflitto con gli allevatori per i danni al bestiame provocati dai cani vaganti ed attribuiti ai lupi.

Una notevole componente di tale impatto va imputato ai cani padronali non controllati, che rappresentano inoltre un enorme bacino di reclutamento di cani randagi e inselvatichiti.

L’attuale quadro normativo appare sostanzialmente inapplicato, in parte per le gravi carenze delle strutture pubbliche locali, ma principalmente per l’intrinseca inadeguatezza degli strumenti definiti dalla legge 14 agosto 1991 n. 281.

3.4. Gestione dei lupi e degli ibridi detenuti in cattività

Eventuali rilasci illegali di lupi comportano gravi rischi di inquinamento genetico e di aggravamento dei conflitti con l’uomo. Poiché la vigilanza sugli episodi di rilascio clandestino (strettamente proibiti dall’attuale quadro normativo) è molto difficile, è necessaria un’efficace opera di prevenzione, attraverso il rigoroso controllo dei lupi detenuti in cattività.

Occorre pertanto:

  1. censire i centri di allevamento o detenzione di lupi o di ibridi canelupo;
  2. proibire qualunque rilascio di lupi;
  3. regolamentare strettamente gli allevamenti di lupi non italiani (in particolare se localizzati all’interno dell’areale del lupo);
  4. 4. bloccare ogni forma di allevamento di ibridi cane-lupo, o tra lupi italiani e lupi provenienti da differenti aree geografiche;
  5. regolamentare rigorosamente le attività di allevamento di lupi italiani,evitando eventi di riproduzione al di fuori di un’attenta programmazione della quale siano chiari gli obiettivi

3.5.1 Depositi di rifiuti e alimentazione artificiale per il lupo

La disponibilità di fonti artificiali di cibo per il lupo può condurre ad un’alterazione dei modelli comportamentali con possibile attenuazione delle capacità predatorie, impoverimento della coesione del branco e della vita sociale, insorgenza di una eccessiva confidenza nei confronti dell’uomo.

Risulta pertanto necessario rendere i depositi di rifiuti inaccessibili .

Le discariche abusive sono un problema diffuso, in particolare nel centro-sud del Paese. Esse, soprattutto se costituite da rifiuti organici, pongono seri problemi per la conservazione del lupo non solo di carattere ecologico e comportamentale, ma anche di ordine sanitario;risulta quindi necessario promuovere un maggiore controllo sul territorio da parte delle amministrazioni locali, che dovrebbero impegnarsi a individuare e rimuovere le discariche illegali presenti.

3.5.2 Incremento e reintroduzione delle popolazioni di prede naturali

L’andamento demografico delle popolazioni di lupo sembra correlato alla disponibilità di prede naturali. Si è inoltre ipotizzato che tale fattore possa determinare una riduzione dell’impatto predatorio sul bestiame domestico (Meriggi e Lovari, 1996).

Un incremento delle densità delle popolazioni naturali di ungulati e della diversità delle specie presenti nelle zoocenosi – anche attraverso la reintroduzione di quelle specie che risultino localmente estinte –può quindi rappresentare una misura efficace sia per aumentare la

consistenza e la stabilità delle popolazioni di lupo, sia per ridurre l’impatto sul patrimonio zootecnico.

Le azioni possibili a tale proposito sono innanzitutto una gestione ad hoc dell’ambiente forestale ed una corretta pianificazione della pressione venatoria. La gestione forestale dovrebbe essere anche mirata ad assicurare un elevato indice di ecotono – attraverso il mantenimento di un mosaico di radure – ed una continua alternanza di diversi tipi di governo del bosco in grado di assicurare un’elevata diversità specifica e strutturale. La gestione venatoria degli ungulati deve essere pianificata in modo da assicurare elevate densità ed evitare una destrutturazione delle popolazioni naturali.

3.7. Danni al patrimonio zootecnico

Nel medio e lungo periodo la compensazione dei danni dovrebbe essere vincolata all’applicazione di misure di prevenzione, in modo da evitare l’insorgere di atteggiamenti passivi da parte degli allevatori, o addirittura di fenomeni di dipendenza economica.

3.7.1. Misure di prevenzione

3.7.1.1 Misure di guardiania

Tra le tecniche di prevenzione dei danni, la più efficace risulta un sistema integrato basato sull’utilizzo di cani da pastore selezionati e addestrati per la difesa delle greggi, la messa in opera di barriere di difesa, la costante guardiania ed il ricovero notturno del bestiame (e.g.:

Rigg, 2001; Wick 1998; Katchensky, 1996).

Gli attacchi e le perdite tendono infatti a concentrarsi in una limitata proporzione delle aziende o delle greggi (Riggs, 2001; Kaczensky, 1996; Ciucci e Boitani, 1998b); risulta pertanto utile identificare le aziende più vulnerabili alla predazione e concentrare in queste aziende le misure di prevenzione.

Elemento chiave per diffondere l’applicazione di efficaci misure di   prevenzione è la corretta e capillare informazione degli allevatori su scopi, modalità, costi ed eventuali incentivi delle misure

3.7.1.2 Regolamentazione del pascolo brado e semibrado

Un’attenta pianificazione delle attività di pascolo, in particolare degli alpeggi nelle aree montane – finalizzata a minimizzare le opportunità di stretto contatto tra animali domestici e predatori, a favorire la coesione del gregge e ad aumentare l’efficienza del controllo esercitato dal pastore e dai cani – può permettere di prevenire efficacemente gli attacchi al bestiame.

Quando la gestione delle attività di pascolo rientra tra i compiti degli enti gestori delle aree protette, queste amministrazioni dovrebbero promuovere un’attenta programmazione delle attività zootecniche finalizzata a contenere il rischio di predazione ed i potenziali conflitti tra il lupo e gli allevatori.

Va inoltre evidenziato che in molte aree del Paese esistono norme di polizia forestale e di regolazione delle attività di pascolo brado (ad esempio di divieto del pascolo ovi-caprino nel bosco, di obbligatoria presenza di un pastore esperto per gregge, di registrazione degli armenti in apposita anagrafe ai sensi delle norme di polizia veterinaria, ecc.) che, se applicate,

possono ridurre significativamente i conflitti tra il lupo e la zootecnia.

Andrebbe pertanto avviata una revisione sia dei quadri normativi e dei regolamenti attuativi di settore a livello locale, sia del loro stato di applicazione, al fine di evidenziare possibili forme di intervento in questo ambito.

3.7.2 Risarcimento dei danni

Il risarcimento dei danni è al momento il più diffuso metodo di attenuazione dei conflitti nel nostro Paese, ma tale misura viene applicata spesso in modo molto difforme dalle varie amministrazioni competenti.

Conclusioni – L’introduzione di programmi di controllo diretto del lupo in Italia pone complessi problemi biologici e tecnici e solleva profonde obiezioni da parte di una larga parte della società italiana. Per questi motivi si ritiene di dover escludere la possibilità di introduzione di tale strumento gestionale per il termine temporale di validità del presente piano.

3.8 Ruolo delle aree protette

Le aree protette rivestono un ruolo critico per la conservazione del lupo che è prioritario alorizzare.

Particolarmente rilevante per la conservazione del lupo è il regime di divieto di caccia nelle aree protette stabilito dalla L. 394/91, che previene i possibili conflitti con le attività venatorie e riduce il rischio di bracconaggio.

Va inoltre sottolineato come anche le aree contigue ai parchi, se trovassero piena applicazione i princìpi definiti dall’art. 34 della L.394/91, potrebbero esercitare un ruolo di notevole importanza nella conservazione del lupo in particolare attraverso un’attenta regolamentazione delle attività venatorie, che può favorire la presenza di buone popolazioni di specie preda ed un’efficace repressione del bracconaggio.

Va anche sottolineata l’importanza di programmi di valorizzazione del lupo dal punto di vista turistico ed economico, al fine di promuovere una più positiva opinione dei residenti sulla specie.

3.9 Priorità di intervento per la conservazione del lupo in Italia

In base all’analisi dell’impatto determinato dai diversi fattori di minaccia e delle possibilità concrete di intervento è stato elaborato un sintetico quadro sinottico delle priorità di intervento per la conservazione del lupo in Italia, valido per il termine temporale del piano di azione.

Anche in questo caso la sintesi nasce dalle valutazioni espresse dagli esperti coinvolti nella redazione del piano di azione, che rappresentano la migliore base di conoscenza ad oggi disponibile.

Nessuna delle azioni identificate può tuttavia risultare efficace se non inserita in una strategia organica, basata sull’integrazione dei diversi strumenti di intervento.

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