Manca meno di un mese alla Conferenza sul clima COP21 di Parigi, e gli esiti di questo importante (e si spera non inutile) evento sono tutt’altro che scontati. Se però restano forti dubbi sulla volontà politica di alcuni “grandi” decisori del pianeta di arginare il fenomeno del cambiamento climatico, buone notizie arrivano invece dal mondo delle energie alternative. Che, grazie al boom delle rinnovabili e ad alcune scommesse sbagliate dei colossi petroliferi, porteranno presto le fonti combustibili fossili ad essere solo un brutto e sporco ricordo.
Partiamo dalla notizia più interessante: in Germania (che si sta pure definitivamente liberando del nucleare) e nel Regno Unito, l’energia prodotta da fonte eolica è diventata la più economica in assoluto. E questo senza nemmeno il bisogno di sussidi statali. Lo rivela Bloomberg, che sottolinea come ciò non fosse mai accaduto prima in un’economia del G7, gruppo di paesi industriali generalmente schiavi di petrolio, gas e carbone. Se non appunto del nucleare.
Ma non è tutto. Il crollo dei costi delle rinnovabili porta a trattare un fenomeno che sta creando ancora più stupore del sorpasso storico di cui sopra in Germania e UK. Negli Usa, nazione schiava del petrolio per eccellenza, il Capacity Factor delle rinnovabili sta infatti sorpassando quello notoriamente più elevato dei combustibili fossili.
Di che si tratta?
Per spiegare cosa sia il Capacity Factor, si può fare un semplice esempio. Pensate ad un impianto solare. Bene, questo non può produrre sempre la stessa quantità di elettricità, perché il quantitativo di sole cui è esposto, l’insolazione, varia in base alle condizioni meteorologiche, alla stagione e ovviamente al fatto che sia giorno o notte. Se 100 è la sua capacità massima di produrre energia, si può considerare ad esempio che la reale produzione di elettricità di un impianto solare sia molto inferiore, circa 20.
Questo fattore, fino ad ora, è sempre stato uno dei punti forti dei combustibili fossili, capaci di produrre tutta l’energia necessaria indipendentemente dalla presenza o meno di sole e vento. Ma non è più così. Oggi, infatti, gli impianti di energia rinnovabile sono talmente numerosi che hanno avviato un circolo virtuoso dell’energia che sta portando le compagnie energetiche a investire sempre più sulle rinnovabili, e sempre meno sui fossili.
Perché?
Perché un impianto fotovoltaico o eolico, giusto per restare su questi due esempi, una volta costruito non comporta costi legati all’approvvigionamento di energia. Il sole e il vento, infatti, a differenza del petrolio, del gas o del carbone che vanno continuamente immessi in una centrale per produrre elettricità, sono gratis! E chi non tende a preferire qualcosa che ti si presenta da usare gratis?
Ecco, questa è l’origine del circolo virtuoso in corso negli Stati Uniti. Più aumenta la produzione da fonti rinnovabili, più, nelle ore di massima produzione (di giorno per il solare) vengono spente le più costose fonti fossili. Con meno ore di funzionamento le centrali a carbone e gas diventano meno economicamente competitive e inoltre scende il loro capacity factor. Questo ciclo virtuoso non fa altro che favorire ancora di più la crescita delle rinnovabili.
Ma non è tutto.
Oltre al declino dei fossili e all’espansione delle rinnovabili (e si spera dell’efficienza energetica), le maggiori compagnie petrolifere del pianeta, convinte fino a poco tempo fa che le grandi economie emergenti come Cina e India sarebbero rimaste schiave di petrolio e carbone ancora per molti decenni, non hanno fatto i conti con la possibilità che anche lì il buon senso, la voglia di risparmiare e forse anche un minimo di interesse per le sorti del clima terrestre potessero farsi vivi. Come in effetti sta avvenendo.
Anche solo sei anni fa, l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) prevedeva che l’energia da fonte solare avrebbe fatto fatica anche solo a raggiungere i 20 gigawatt. E invece è letteralmente esplosa, fa presente il Telegraph, arrivando a ben 180 gigawatt, con un crollo dei suoi costi.
Insomma, forse per questa COP21 di Parigi qualche speranza c’è. Alla faccia dei fossili dei governi rimasti attaccati al carbone, al petrolio, alle trivelle e in generale a una visione ottocentesca dell’economia e della vita.
Sono già 155 i Paesi che hanno presentato per la COP21 dei piani per ridurre le proprie emissioni di gas serra. Fra questi, appunto, ci sono anche la Cina e l’India, e tutti assieme emettono l’88% di tutta la CO2 globale. Proprio la Cina mossa dal fatto che è considerata una delle nazioni più esposte agli effetti del cambiamento climatico.
Avreste mai detto di dover guardare al governo cinese come esempio di apertura mentale e lungimiranza?
Forse, da italiani abituati a governi inetti, la risposta non può che essere positiva.