Con la riforma del Titolo V a rischio c’è il nostro Paese. Tav, Tap, Ponte sullo Stretto, autostrade, viadotti e ferrovie ad alta velocità, ma anche grandi eventi e grandi opere, attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stoccaggi, elettrodotti, inceneritori, trivellazioni, impianti petroliferi, gasdotti e rigassificatori. Tutto sarà fatto subito, più in fretta e senza fronzoli. Evviva!
Grazie a questa riforma l’Italia diventerà ben presto la Babele delle grandi opere, magari incompiute, magari assegnate con appalti truccati. Ma che importa? L’importante è cambiare, anche quando cambiare è sinonimo di distruggere ciò che rimane del nostro Paese. E farlo in fretta, senza l’impiccio di comuni, associazioni, comitati e regioni che troppo spesso si mettono di traverso nella corsa del governo verso il compiacimento di lobby del petrolio, del cemento, dell’energia, della finanza.
Vi racconto questa storia per farvi capire quanto ci riguardi da vicino questa riforma costituzionale.
Dal 2001, con la riforma del Titolo V che ridefinisce ruoli e poteri delle Regioni, le competenze sono così ripartite: legislazione esclusiva dello Stato, legislazione concorrente tra Stato e Regioni, legislazione residuale attribuita alle Regioni (Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato).
Tra le materie di legislazione concorrente si trovano, tra le altre, quelle relative a: ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.
In questi settori di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa e per la Corte Costituzionale Stato e Regione si trovano su un piano di assoluta parità: nessuna delle due parti può prevaricare l’altra ed è necessaria un’intesa prima di giungere ad una decisione definitiva.
Con la riforma costituzionale tutto questo verrebbe abrogato. All’articolo art. 117 si legge infatti che: Ambiente, ecosistema, tutela del paesaggio, produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, disposizioni generali sul governo del territorio diventano di competenza esclusiva dello Stato.
Viene eliminato il principio della “leale collaborazione” fra Stato e Regioni, sostituendolo con un potere e un controllo esclusivi in capo allo Stato cui verrà ricondotta ogni decisione strategica.
Ma non basta: Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.
Il pericolo è enorme: rafforzando il potere dell’esecutivo (Camera) si correrà il rischio di vedere leggi approvate velocemente da Governi poco sensibili al tema ambientale e allo sviluppo sostenibile. Inoltre, passando allo Stato la competenza esclusiva in tema ambientale, sarà difficile garantire alle comunità locali e ai diversi territori un referente sensibile (e conoscitore) alle problematiche del territorio.
Quando entrerà in vigore il nuovo art. 117 un contenzioso come quello che ha contrapposto 10 Regioni al Governo in materia di estrazione di gas e petrolio, con il ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione, non sarà più possibile.
Come non sarà più possibile dire di No a grandi e inutili opere. Con la clausola di supremazia cosa succederà, per esempio, nel caso di Olimpiadi, Expo o grandi eventi, quando magari un comune non allineato si scontrerà con le decisioni del Governo?
E che fine faranno i 12 inceneritori previsti dallo Sblocca Italia, visto che già il decreto all’articolo 35 definisce i termovalorizzatori “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”?
Lascio alla vostra immaginazione le risposte.
In questo articolo mi sono occupato di alcuni casi in cui solo grazie al No delle Regioni inutili e dannose opere sono state bloccate dalla Corte Costituzionale. Se dovesse vincere il Sì anche l’ultimo baluardo a difesa del nostro territorio verrebbe distrutto. Sprechi, corruzione, infiltrazione della criminalità organizzata, cementificazione selvaggia, danni al territorio e alla salute dei cittadini, saranno all’ordine del giorno. Sempre più impunti, sempre più incentivati da uno Stato che mette al primo posto interessi di lobby e di società amiche piuttosto che il bene comune.
Loro replicano che vi sarà il nuovo Senato a tutelare gli interessi dei territori. Perché mai dovrebbe farlo? Un Senato di nominati dovrà rispondere per forza a chi ha dato loro la poltrona e non certo ai cittadini che non avranno neanche più il potere di eleggerli.