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Viviamo in un mondo in cui anche la tecnologia è usa e getta. E non si tratta solo di una questione di mode, pubblicità e marketing. A incentivare questo atteggiamento dei consumatori moto spesso è la cosiddetta “obsolescenza programmata”, un fenomeno studiato a tavolino dalle case produttrici per far sì che i vari cellulari, televisori o frigoriferi si rompano puntualmente poco dopo la scadenza della loro garanzia.

Con conseguenze gravissime: da un un lato lo spreco di risorse ed energie per produrre sempre nuova merce. Dall’altro lo smaltimento di questi rifiuti detti Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), soggetti ad un’apposita procedura di smaltimento per via della presenza al loro interno di metalli e sostanze pericolose per l’ambiente e la salute umana.

Solo nel 2015 sono state intercettate 223mila tonnellate di Raee, con una crescita del 4,3 per cento rispetto all’anno precendente (dati Ispra)

Forse non lo sapete ma a causa della loro natura i consumatori al momento dell’acquisto pagano un eco contributo, una quota integrata nella cifra che serve a coprire i costi di smaltimento. In Italia, però, viene trattato correttamente soltanto il 35% degli elettrodomestici che hanno terminato il loro ciclo di vita.

Cosa succede ai restanti? Come recentemente ha raccontato anche Presa Diretta tanti vanno a finire in Ghana, nella discarica di Abobloshi, la più grande discarica illegale di rifiuti elettronici del mondo.
Un inferno per le 70mila persone che lavorano ogni giorno a stretto contatto con veleni e sostanze inquinanti di ogni tipo, di cui ha fatto le spese anche il mare di Accra, la capitale dello Stato africano.

Se vi fosse la volontà già oggi sarebbe possibile costruire prodotti concepiti per essere riciclati correttamente e, al contempo, già sarebbe possibile migliorare la raccolta differenziata. Realizzare merci riutilizzando gli “scarti” permetterebbe di non andare a intaccare le risorse  così come insegna l’economia circolare.

Ma la vera soluzione sta sempre e comunque nelle mani dei consumatori: con i nostri acquisti siamo i primi e veri artefici di come va il mondo. Smettere di trattare il pianeta come il nostro supermercato e gli altri Paesi come discariche è la vera risposta. Perché le conseguenze delle nostre azioni, oggi per molti ancora lontane e nascoste, tra qualche anno ce le troveremo tutti davanti agli occhi e a quel punto sarà troppo tardi.

 

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