“I guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere”
da “L’Arte della Guerra” di Sun Tzu, filosofo e generale cinese.
Voglio partire da questa citazione per parlarvi dei due giorni che ho appena trascorso a Londra, al Parlamento inglese, dove ho partecipato al primo incontro mondiale sulla cosiddetta ‘Mindful Politics’. Qui si sono riuniti parlamentari, ministri di 15 diversi Paesi, tra cui Sri Lanka, Svezia, Inghilterra e Israele, per discutere, assieme al fondatore della Mindfulness Jon Kabat-Zinn, di come questa pratica possa aiutare a cambiare politica e società.
Ma qual è la funzione della Mindfulness? Per comprenderlo torniamo per un attimo alle parole di Sun Tzu. Il senso è abbastanza evidente: chi ha successo nelle imprese della vita, grandi o piccole che siano, ha prima potuto vincere la battaglia più difficile: quella con sé stessi.
Vincere sé stessi può avere tanti significati: gestire meglio le proprie emozioni e pensieri, imparare a orientare le proprie forze verso gli obiettivi che ci prefiggiamo senza disperarci per le difficoltà e senza disperderci in mille rivoli condannandoci all’inconcludenza.
Oltre 2000 anni fa, il filosofo greco Epitteto ci avvisava che la strada della conoscenza passa per il riconoscere che siamo molto spesso noi stessi, con pensieri, convinzioni e abitudini, a determinare le cause dei nostri fallimenti o vittorie.
“Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza; accusare se stessi significa cominciare a capire; non accusare né sé, né gli altri, questa è vera saggezza”.
Epitteto
Ma cosa significa non accusare né sé stessi né gli altri?
Mindfulness è la traduzione inglese della parola “Sati” in lingua Pali, che significa “Attenzione consapevole”. Jon Kabat-Zinn la definisce: “Porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante.”
Forse la stessa attenzione al presente e assenza di giudizio cui pensava Epitteto.
Forse il segreto del successo che questa pratica sta riscuotendo è la capacità di coniugare pratiche millenarie con un approccio rigorosamente scientifico. Basata sulle pratiche meditative del Buddhismo theravada, la mindfulness ha attratto l’interesse della ricerca, assommando ad oggi oltre 1000 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali oltre che molti progetti di ricerca ancora in corso. Uno studio del 2011, pubblicato sulla rivista Psychiatry research, testimonia che i programmi di riduzione dello stress basati sulla Mindfullness producono effetti positivi sul benessere psicologico e migliorano i sintomi di una serie di disturbi. Inoltre la partecipazione a questi programmi è associata a modificazioni della concentrazione della materia grigia nelle regioni del cervello coinvolte nell’apprendimento, nella memoria e nella regolazione delle emozioni.
Del resto fa un certo effetto sapere che in Inghilterra esista un intergruppo parlamentare sulla mindfulness, che, sin dal 2013, ben 145 parlamentari la abbiamo approfondita con un corso di otto settimane e che lo stesso stia avvenendo in altri Paesi come la Finlandia.
Insomma non voglio certo dire che la mindfullness sia la panacea di tutti i mali. Però mi sono fatto l’idea che questa pratica possa essere uno strumento importante per rendere accessibili a sempre più persone strumenti e conoscenze che esistono da tanto tempo e che spesso non vengono accettati oppure presi in considerazione perché vengono immaginati in contesti culturali o religiosi lontani. L’approccio scientifico seguito dalla mindfullness dimostra che queste pratiche possono avere effetti positivi indipendemente dal contesto e dalle credenze di chi le pratica. E allora perché non favorirne l’utilizzo nei tanti modi in cui già oggi viene sperimentata nella razionalissima Inghilterra?
A cominciare dalla politica, ad esempio, terreno minato in cui scelte sbagliate o non ben ponderate possono avere impatti positivi o devastanti sulla vita di milioni di persone.