TTIP Nafta: quali legami?
Questo accordo non ci piace e ci ricorda il trattato che, dagli Stati Uniti, ha esteso squilibri economici, lavorativi e sociali al Canada e al Messico.
Il TTIP è come il NAFTA: va contro il clima, l’ambiente e i diritti umani!
Come ho già scritto, in questi giorni a Bruxelles sono in corso le trattative sul TTIP, l’accordo di libero scambio (libero solo per le grandi imprese) che dovrebbe portare alla crescita di uno zero virgola qualcosa punto percentuale del PIL europeo.
Ho trattato più volte su questo blog l’argomento, perché nonostante l’importanza dell’impatto che queste scelte fatte sopra le nostre teste possono avere, molte persone (inclusi parecchi parlamentari) ancora non sanno nemmeno che cosa sia, questo TTIP.
Detto in parole molto povere, il TTIP è una truffa, che eliminando le barriere tariffarie tra Ue da una parte e Usa e Canada dall’altra, porterebbe i prodotti europei di maggior pregio (pensiamo ad esempio a quelli con denominazione di origine protetta dell’agroalimetare italiano) a essere impunemente imitati (l’esempio più celebre è forse quello del “Parmesello”), e quelli americani ad invadere i mercati europei.
La crisi economica europea porterebbe molte persone ad acquistare volentieri queste merci spazzatura: dagli ortaggi geneticamente modificati alle carni piene di ormoni della crescita, vietati in Europa ma non in Nord America.
Allo stesso tempo, questa partnership porterebbe all’eliminazione degli ultimi diritti rimasti per i lavoratori, e ad un’ulteriore devastazione dell’ambiente.
Una devastazione che riguarderebbe entrambe le sponde dell’Atlantico.
Pensiamo al fracking, ad esempio, che grazie al TTIP vedrebbe le porte europee aprire al petrolio estratto in America nel più impattante dei modi.
E mentre in Europa aumenterebbero notevolmente i rischi legati ai trasporti di questi sporchi combustibili, oltre che alle emissioni di gas serra, negli Usa crescerebbe ancora più la smania di fratturazione idraulica.
Poco importa agli americani se questa non è più vantaggiosa neppure a livello economico, tanto paghiamo noi!
La devastazione dell’ambiente e dei diritti umani, del resto, si è già vista in questi anni con il NAFTA, accordo commerciale fra Usa, Canada e Messico, nato nel 1992 ispirandosi alle caratteristiche molto economiche e poco politiche dell’Unione europea e precursore del TTIP.
Il NAFTA (North American Free Trade Agreement) in poco più di vent’anni ha portato alcune comunità del Messico ad una povertà assoluta, e molti agricoltori dello stesso Paese a dovere abbandonare la loro attività, vedendo i propri prodotti deprezzati in modo insostenibile a causa degli “ultra-competitivi” colleghi statunitensi, resi tali dai generosi sussidi che gli sono stati elargiti.
Una prepotenza, quella statunitense, che non risparmia nemmeno i “cugini” canadesi, il cui governo ha già perso diverse cause contro compagnie private a stelle e strisce.
Alcuni esempi? Quelle legate al desiderio di Ottawa di bandire almeno temporaneamente dall’industria petrolifera l’uso di alcune sostanze e additivi eccessivamente tossici.
O ancora in Messico, specialmente nel settore minerario, dove si sono dovuti pagare già decine di milioni di dollari alle corporation Usa, forti degli accordi presi appunto tramite il NAFTA. Esattamente come accadrebbe con il TTIP, insomma.
“In questo momento, ci sono circa 12 miliardi di dollari in crediti alle società sotto il solo NAFTA”, fa presente in un’interessante intervista Ilana Solomon di Sierra Club, la più importante associazione ambientalista degli Stati Uniti: “Le aziende sono molto interessate a utilizzare questo sistema”.
E ci credo! Fare soldi così facilmente non gli capitava da decenni, ossia da quando l’ambiente e i diritti delle persone, dopo tante lotte, erano stati finalmente tutelati.
E che dire dei cambiamenti climatici, forse la principale sfida che l’umanità si trova ad affrontare in questo secolo?
Il TTIP, figlio illegittimo del NAFTA, potrebbe compromettere definitivamente i futuri tentativi di fronteggiarli.
A dirlo non sono io, ma oltre 170 organizzazioni della società civile che stanno a loro volta aspettando di vedere cosa si deciderà a Bruxelles.
Guidati dal Center for International Environmental Law (CIEL), dal Sierra Club e dalla Coalition for Sensible Safeguards, le organizzazioni hanno scritto ai negoziatori commerciali di Usa e Ue chiedendo di rispondere alle domande relative al rischio che il TTIP possa indebolire la protezione dell’ambiente, della salute e dei consumatori.
CIEL ritiene infatti che “l’agenda tossica del TTIP darebbe priorità al commercio internazionale a spese” appunto di queste protezioni, “minando la nostra capacità – su entrambi i lati dell’Atlantico – di affrontare le sfide ambientali più urgenti, come il cambiamento climatico”.
Non solo, le decine di Ong sono anche preoccupate del fatto che l’accordo commerciale possa minacciare il potere dei governi di proteggere le comunità locali, i cittadini e l’ambiente dai rischi potenziali di nuove tecnologie come il fracking.
Vogliamo davvero inondare l’Europa di petrolio raschiato dalle falde nordamericane, di cibi e merci spazzatura “Made in USA”, di Tar sands canadesi e di violazioni dell’ambiente e dei nostri diritti?
Io dico di no.
Anche perché, diciamolo, ci basta e avanza quello che sta combinando l’Ue da sola.
Sempre vostro, Mirko Busto
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