Vi siete mai chiesti perché durante o dopo un ciclo di antibiotici consigliano di prendere gastroprotettori o fermenti lattici? Quando si assumono dei medicinali il nostro microbioma intestinale si indebolisce ma essendo i batteri fondamentali per la nostra sopravvivenza e per la nostra buona salute, questi vanno aiutati e riequilibrati.
Una cosa simile succede nei terreni. La rizosfera, cioè la porzione di terreno che circonda le radici delle piante da cui assorbono i nutrienti essenziali e l’acqua, è un mondo complesso. O almeno così dovrebbe essere. L’agricoltura industriale ha, infatti, tolto importanza alla biodiversità microbica dei suoli, riducendone la fertilità e, in alcuni casi, arrivando addirittura a coltivare in sterilità come succede nelle serre idroponiche. I risultati? Un cibo con valori nutrizionali più bassi e un terreno sempre più sterile, più povero e meno favorevole alla vita. Un suolo sano è un suolo vivo, ricco di batteri e di funghi. Eliminando la vita circostante anche le piante ne risentono, ammalandosi sempre più di frequente e richiedendo un maggior intervento da parte dell’uomo, in un circolo vizioso continuo che sta portando le nostre terre, tra le più ricche di biodiversità al mondo, a impoverirsi sempre di più.
Cosa c’entra tutto ciò con la xylella è presto detto. Sono appena tornato da due giorni in Salento, a Nociglia (Lecce), dove ho avuto il piacere e l’onore di partecipare all’incontro “Nuovi approcci e tecnologie per la salvaguardia delle produzioni – Contrasto alla Xylella con l’agricoltura simbiotica”.
È stato molto interessante scoprire che, mentre l’Unione Europea e il nostro ministro Martina progettano di estirpare alberi millenari e culture altrettanto longeve, c’è chi sul territorio si fa in quattro per approfondire e cercare alternative. Con risultati davvero notevoli.
Tra queste alternative si sta sperimentando l’agricoltura simbiotica, di cui ieri ha parlato molto approfonditamente Giusto Giovannetti, Direttore scientifico CCS Aosta e Responsabile del progetto BiCC, insieme, tra gli altri, a Emilio Stefani, Docente dell’Università di Modena-Reggio Emilia, Sergio Capaldo, Presidente La Granda e Presidente del Consorzio Agricoltura Simbiotica e Roberto Polo, Presidente Associazione Salento Sostenibile che ha parlato e ci ha mostrato la sue esperienza sul campo.
L’agricoltura simbiotica ha diversi obiettivi: migliorare la fertilità e la salute del suolo attraverso il solo utilizzo di sostanze naturali; migliorare le funzionalità del secondo cervello dell’uomo: l’intestino (attraverso il cibo i microrganismi presenti nel suolo e nelle piante raggiungono l’intestino umano e qui svolgono importanti funzioni: favoriscono l’assorbimento di sostanze nutritive, collaborano al metabolismo e impediscono che l’ambiente intestinale venga occupato da altri microrganismi patogeni); dare vita a prodotti e metodi funzionali alla salvaguardia dell’ambiente e di chi lo abita.
Oggi queste conoscenze sono state messe in pratica anche per contrastare la Xylella attraverso l’inoculo di un biota microbico in grado di indurre una resistenza e di contrastare l’occupazione dell’apparato vascolare da parte del patogeno. Durante il convegno sono stati presentati i risultati ottenuti nel primo anno del progetto CODIRO, una sperimentazione ufficiale approvata e finanziata dalla Regione Puglia. La sperimentazione ha interessato una superficie di circa 10 ettari distribuita in 10 aziende ed una superficie di controllo di altri 10 ettari.
E questo discorso vale per gli ulivi del Salento, così come per le risaie del Piemonte, i vigneti della Lombardia e per tutte quelle coltivazioni che per decenni hanno sfruttato il terreno senza considerare l’importanza della vita che lo popola e delle popolazioni che vi abitano. Nonché per il nostro intestino!