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Come sapete da tempo mi batto per una corretta informazione riguardante l’alimentazione. Sempre più spesso le notizie inerenti al cibo sono sensazionalistiche e superficiali, quando invece, l’argomento meriterebbe competenza e serietà perché dal nostro piatto dipende la nostra salute e il nostro futuro. Non è facile cercare di fare chiarezza (o anche solo provare a dire le cose) in un marasma di articoli, programmi tv e talk show, opinionisti, esperti o detti tali, che ogni giorno sfornano notizie su cosa mangiare, cosa no e perché no. Ma oggi vorrei provare ad affrontare un tema molto complesso e altrettanto attuale: l’aumento nelle nostre carni di batteri capaci di resistere agli antibiotici!

Perché succede questo? Perché a causa delle condizioni igieniche e sanitarie degli allevamenti intensivi, del sovraffollamento dei luoghi, delle escoriazioni e delle infezioni dilaganti tra il bestiame e dell’aumentando del livello di stress che si traduce in un calo delle difese immunitarie, agli animali allevati vengono somministrate dosi sempre più massicce di antibiotici.

Basti pensare che, nel nostro Paese, ad oggi, oltre il 70 per cento degli antibiotici venduti finisce negli allevamenti intensivi per fronteggiare malattie e infezioni che colpiscono gli animali. Secondo i dati aggregati in un report dalle agenzie europee Efsa, Ema e Ecdc nel 2015 l’Italia consuma annualmente 621,6 tonnellate: questo significa che 435,12 tonnellate sono destinate agli allevamenti. Una cifra che ci piazza di poco secondi a Germania e Spagna per utilizzo di antibiotici negli allevamenti, ma che ci consegna il triste primato negativo assoluto per quanto riguarda l’utilizzo in relazione alla produzione: 341 mg di antibiotici utilizzati per ogni chilo di carne prodotta, contro Francia e Germania ferme rispettivamente a 99 mg e 205 mg, e una media europea di 140 mg. Meno della metà rispetto al nostro dato.

Perché tutto ciò non solo ci riguarda molto da vicino ma ci dovrebbe preoccupare parecchio? Perché i batteri, come tutti gli altri esseri viventi, sono soggetti a mutazioni e adattamenti per preservare la propria specie e un uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti ha consentito ai batteri di fortificarsi, imparando a sopravvivere a molti medicinali.

Il rischio è grandissimo: la resistenza antibiotica rende i batteri immuni ai farmaci, con tutti i rischi che ne conseguono, anche e soprattutto per la salute dell’uomo.

Nei mesi scorsi il prpogramma Report (Rai Tre,  29/05/2016), durante la puntata Resistenza Passiva, ha mostrato come anche nelle carni italiane, comprate in tre grandi distribuzioni nel nostro Paese, siano presenti questi batteri. In particolare un clone di Staphylococcus aureus, uno dei più pericolosi batteri resistente agli antibiotici.   

In questi giorni anche Altroconsumo ha lanciato l’allarme: non solo suini, anche la maggior parte dei polli italiani potrebbe essere contaminata. Da quello che si legge sulla rivista, nella maggior parte di petti di pollo italiani, selezionati tra Roma e Milano, e fatti analizzare, vi sarebbero tracce di Escherichia coli resistente agli antibiotici (nel 63% dei casi, per la precisione). Cosa significa questo risultato? Che, se non si maneggia e cuoce bene questa carne, i microrganismi resistenti potrebbero trasferire la loro forza ad altri batteri presenti nel nostro organismo e, nel caso di una contaminazione, l’antibiotico potrebbe non essere più efficace.

Secondo un rapporto commissionato dal governo inglese all’economista Lord O’Neil, il problema è molto serio: continuando così entro pochi anni potrebbe verificarsi una pandemia che rischia di fare più vittime del cancro. Già nel 2009 del resto, l’Agenzia europea per il farmaco (Ema) insieme agli esperti del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e al network internazionale ReAct – Azione contro la resistenza agli antibiotici, avevano pubblicato uno studio secondo cui almeno 25 mila persone morivano ogni anno in Europa per infezioni da batteri resistenti ai farmaci, mentre le complicazioni legate a queste resistenze costavano ai sistemi sanitari europei ogni anno 1,5 miliardi di euro. Numeri che secondo gli stessi esperti delle agenzie europee sono lievitati sensibilmente negli ultimi anni.

Ma nonostante questo, nonostante gli esperti conoscano le cause e nonostante il proliferare di prove, nessuno in Italia sta mettendo seriamente mano al problema, anzi: non sembra esserci interesse a renderlo noto. Eppure, proprio nel nostro Paese, il tasso di resistenza per i batteri più pericolosi è tra i più elevati d’Europa.

Avete sentito in qualche Tg queste notizie? 

Bene, neanch’io. E portare avanti queste tematiche all’interno del Parlamento è altrettanto difficile quanto farle uscire sui giornali: troppi interessi, troppa disinformazione, troppo opportunismo. Ancora una volta, quindi, l’unico e più grande potere che abbiamo è quello di informarci, far girare le informazioni e scegliere: scegliere di boicottare quegli alimenti dannosi per la nostra salute, scegliere di prenderci cura di noi stessi e di agire attivamente per il nostro futuro.

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