Quella per un’etichetta trasparente è una delle battaglie più importanti che dobbiamo combattere. È un nostro diritto come consumatori sapere cosa contengono i prodotti che compriamo. Ed è un nostro dovere come cittadini consapevoli sapere leggere le etichette.
Perché? Perché in gioco c’è la nostra salute (e il nostro pianeta, anche se di questo non a tutti interessa).
Non sempre è facile: molto spesso sulle etichette sono scritti nomi indecifrabili, altre volte i caratteri sono talmente piccoli da richiedere la lente di ingrandimento (che ovviamente nessuno si porta in borsa al supermercato), oppure l’elenco delle sostanze è così lungo da disincentivare chiunque per il tempo che occorrerebbe per leggerlo. Malgrado questo è importante impegnarci a comprendere cosa c’è dentro i prodotti che acquistiamo e, soprattutto, da dove vengono (quando è possibile). Perché è bene sapere che non sempre il Paese stampato sulla confezione corrisponde a quello di origine delle materie prime.
Mentre l’Europa dà il via libera al decreto che introduce in Italia l’obbligatorietà dell’etichetta di origine per latte, yogurt, formaggi e latticini, l’etichetta continua a essere anonima per circa un terzo della spesa.
Secondo Coldiretti oggi due prosciutti su tre sono venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero; un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione in etichetta, così come i succhi di frutta e il concentrato di pomodoro dalla Cina i cui arrivi sono aumentati del 379% nel 2015 per un totale di 67 milioni di chili.
E come spesso succede, quando non c’è trasparenza e conoscenza, è più facile infilare nel carrello dei consumatori prodotti di dubbia derivazione. Cosa che a questo mercato già piace parecchio, ma la situazione potrebbe anche peggiorare: se dovesse passare il Ttip, per esempio, potremmo dire addio alle etichette, con buona pace del nostro diritto ad essere informati. Finiremmo tranquillamente per mangiare antibiotici, ogm e pesticidi senza saperlo e senza poterlo sapere.
Un fatto gravissimo. Dalla nostra capacità di scelta e dai nostri consumi dipendono infatti le sorti del mercato: vogliamo incentivare multinazionali nemiche della nostra salute e del nostro pianeta? O preferiamo finanziare piccole e medie imprese virtuose, eccellenze italiane, amiche del nostro territorio e del nostro benessere? Ogni volta che facciamo la spesa decidiamo questo: decidiamo da che parte stiamo. Stampiamocelo nella testa: ogni volta che facciamo la spesa stiamo votando, stiamo decidendo in che mondo e in che modo vogliamo vivere.