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I diritti dei popoli indigeni riguardano anche noi

Le popolazioni indigene rimaste sul pianeta sembrano un fenomeno marginale, raramente toccato dai mass media. Eppure, i numeri che le riguardano sono tutt’altro che da sottovalutare. Sono oltre trecento milioni le persone che al mondo appartengono a popoli, tribù o comunità che vivono come i loro antenati, a contatto con la natura in qualità di antichi abitatori delle loro terre: si tratta di quasi il 5% della popolazione mondiale. Eppure, a queste persone sembra vietata la possibilità di esistere, di stare nelle loro terre seguendo i loro ritmi, usi e tradizioni. Il motivo è facile intuirlo: la ricchezza di risorse dei loro territori. “Il 75% di tutte le materie prime non rinnovabili si trova sulle terre dei popoli indigeni, e gli Stati dell’Occidente industrializzato partecipano a quasi tutti i megaprogetti di sfruttamento relativi alle terre degli indigeni”, spiega l’Associazione per i popoli minacciati: “Spesso questi popoli sono vittime di sfruttamento, repressione, discriminazione e di sottrazione delle basi della loro esistenza da parte degli Stati sul cui territorio essi abitano”.

Consapevoli di queste secolari ingiustizie, molte Istituzioni, Movimenti e Associazioni si impegnano da tempo affinché a questi popoli venga riconosciuto il diritto di vivere dove e come vogliono. C’è ad esempio la Convenzione n. 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sui diritti dei popoli indigeni e tribali, adottata già nel 1989. L’ILO è un’agenzia delle Nazioni Unite e questa Convenzione, al momento, costituisce il più completo strumento legislativo internazionale di protezione dei diritti dei popoli indigeni. I Paesi industrializzati dell’Occidente, fra cui ovviamente l’Italia, hanno dichiarato che la Convenzione non li riguarda, dato che sul loro territorio non vivono popoli indigeni. “Con i progetti di cooperazione e di sviluppo con gli Stati del Sud, in realtà, gli Stati europei hanno una grandissima influenza sul destino dei popoli indigeni”, sottolinea sempre l’Associazione per i popoli minacciati: “Se gli Stati dell’Occidente ratificassero questa Convenzione, sarebbero costretti a conformare alle sue norme la propria politica estera. Per questo motivo i rappresentanti dei popoli indigeni chiedono nuovamente che anche l’Italia, e con essa gli altri Stati d’Europa, aderiscano al gruppo degli Stati sottoscrittori”.

I diritti fondamentali per i popoli indigeni e tribali riconosciuti nella Convenzione ILO 169, ratificata solamente dai Parlamenti di 22 Stati sui 186 che fanno parte dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha avuto così poco “successo” fra i pavidi governi del mondo industrializzato perché mette per iscritto i diritti fondamentali dei popoli minacciati dalla nostra avidità di risorse, rivolgendo ai sottoscrittori obblighi di una certa portata. Dai diritti umani a quelli all’identità culturale, dalle questioni legate alla proprietà fondiaria a quelle dello sfruttamento delle materie prime, fino alla partecipazione dei popoli interessati alle decisioni che li riguardano e all’uguaglianza di fronte all’amministrazione e alla giustizia, gli articoli della ILO 169 cercano di abbracciare ogni aspetto critico legato al rispetto di queste popolazioni e dei loro territori. I risultati ottenuti finora in alcuni dei Paesi sottoscrittori sono stati generalmente positivi. In Bolivia, per fare qualche esempio, la Costituzione riconosce il diritto dei popoli indigeni alla partecipazione alle decisioni che li riguardano; in Messico, nei processi penali, sono prese in considerazione le consuetudini dei popoli indigeni; in Norvegia, invece, è stato istituito il Parlamento del popolo indigeno dei Saami, che partecipa appunto a tutte le decisioni che li riguardano.

Allo stesso tempo, la ILO 169 presenta anche delle criticità, o comunque dei limiti. Se non altro per la grande varietà di realtà e culture a cui si vuole approcciare. “Sotto molti aspetti la Convenzione 169 è troppo generica e lascia molto spazio all’interpretazione. Ciò dipende anche dal fatto che il trattato deve valere per tutti i popoli indigeni, le cui condizioni effettive sono anche molto diverse. Agli Stati che non vogliano applicare con serietà la Convenzione si presentano pertanto molte scappatoie per eluderne le disposizioni”, spiega ancora l’Associazione per i popoli minacciati: “Un altro punto critico è il fatto che ai popoli indigeni è sì riconosciuto il diritto ad essere consultati nei processi decisionali che li riguardino, ma non quello ad una competenza di codecisione attiva od ad un diritto di veto. Le istanze statali non-indigene hanno sempre l’ultima parola; gli indigeni, cioè, dipendono ancora dalla buona volontà dei governi”. Governi che, lo abbiamo detto, sono già di per sé molto restii a prendere degli impegni in questo senso.

Ciononostante, è importantissimo che i Paesi industrializzati firmino questa Convenzione. Anche se non hanno popoli tribali all’interno dei propri confini (una delle scuse portate dall’Italia per non firmare), le loro azioni hanno comunque un enorme impatto diretto sui popoli indigeni. “Non solo in quanto membri di istituzioni internazionali che interagiscono con essi, come la Banca Mondiale, ma anche attraverso i progetti di cooperazione allo sviluppo e la partecipazione ai finanziamenti e alle iniziative sostenute dall’Unione Europea”, fa presente Survival, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni: “Nelle terre tribali, inoltre, si trovano sovente ad operare aziende europee e italiane, private, statali o co-finanziate dallo Stato”. Cioè da noi cittadini. “In Italia esistono già da tempo mozioni o disegni di legge presentati alla Camera o al Senato che, però, non sono mai stati portati a discussione”, aggiunge Survival: “L’atto più recente è la proposta di legge C.777 presentata alla Camera per iniziativa dei deputati Migliore, Scotto, Fava, Marcon e Melilla il 16 aprile 2013, e affidata il 30 luglio 2013 alla III Commissione Affari Esteri”. Data l’estrema gravità delle violazioni dei diritti umani che molti popoli indigeni stanno ancora oggi vivendo in tanti paesi del mondo, l’Italia dovrebbe ratificare la Convenzione al più presto. “La sua adozione non costituirebbe solo un doveroso atto di solidarietà verso chi continua a vedere conculcati i propri diritti fondamentali”, conclude Survival (che a tal proposito fornisce addirittura il testo di una mozione-modello da far sottoscrivere a Regioni, Province, Comuni, Sindacati e altri organi di rappresentanza): “Al contrario, porterebbe loro un aiuto concreto e immediato”.

Anche noi tuttavia possiamo fare qualcosa, firmando la petizione promossa da Survival per chiedere la ratifica della Convenzione ILO 169, disponibile al seguente link:

www.survival.it/intervieni/petizioni/ilo169/firme/nuovo

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