Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa.
Nell’aria, composta prevalentemente da ossigeno, anche tracce di metano e Co2 in giornaliero aumento.
Era una civiltà strana questa – rifletteva – con esseri animali rinchiusi in piccole gabbie a più piani, dove potevano udirsi spesso pianti solitari.
Gli alberi, esseri vegetali ritenuti la razza superiore in altre galassie, erano considerati alla stregua di un ornamento e abbellivano prati e lingue di terra dove i dominatori del pianeta passeggiavano in lunghe file.
La popolazione più numerosa era anche quella che mostrava una maggiore compassione nei confronti degli altri abitanti del pianeta.
Questi esseri superiori, dotati di un’intelligenza emotiva notevole, non esitavano, seppur con una malcelata sofferenza interiore, a procurare e a farsi cibo per i loro stessi servitori, che li accudivano giornalmente.
Sulla motivazione di tale sacrificio non sapeva esprimersi.
L’unica ipotesi che gli venne in mente fu che all’inizio i servitori bipedi fossero stati come i loro dominatori esseri fieri e che comunicavano all’istante senza bisogno di linguaggio verbale e che, nel tempo, avessero perso tale capacità, regredendo e facendosi sottomettere.
In nome della nostalgia per questa perduta affinità, i dominanti aiutavano i più deboli…
Pensate ad una civiltà aliena in visita (come nell’omaggio qui sopra al celebre racconto breve “Sentinella” di F. Brown): osservandoci dall’alto potrebbero pensare che gli animali allevati siano in effetti la specie dominante del pianeta mentre gli umani dei sottoposti costretti a vivere ammassati l’uno sopra l’altro!
Ma perché tanta terra dedicata all’allevamento? Presto detto: la carne è un modo piuttosto inefficiente per nutrirci, soprattutto se prodotta in maniera intensiva.
In prima approssimazione, tutti gli animali si nutrono di piante, in quanto le piante sono gli unici esseri viventi sul pianeta capaci di immagazzinare l’energia solare: possono consumarle direttamente oppure indirettamente, nutrendosi della carne di animali che ne hanno mangiate. Il secondo processo è, naturalmente, molto meno efficiente del primo dal punto di vista energetico.
La stragrande maggioranza delle calorie consumate dagli animali di cui ci nutriamo (come da qualunque essere vivente) non si converte infatti in biomassa ma ha unicamente la funzione di sostenere il loro metabolismo. Il rapporto di conversione da mangimi vegetali a massa corporea degli animali da reddito varia a seconda della specie animale: ad esempio per i bovini è di circa 7 (FAO Food and Agriculture Organization of United Nations, Livestock’s Long Shadow. Environnemental issues and options, December 2006 pag. 45); questo vuol dire che per produrre un aumento di peso di 1 kg in un animale è necessario alimentare l’animale in media con 7 chili di mangimi vegetali. È importante inoltre notare che l’aumento di massa si riferisce, naturalmente, all’animale vivo, tralasciando gli scarti di macellazione che meriterebbero un discorso a parte.
Fino a quando gli animali da reddito venivano allevati in piccoli gruppi per sostenere un consumo molto modesto essi potevano essere alimentati prevalentemente con risorse locali di scarso valore. Oggi questo non è più possibile, anzi sempre più terra viene sottratta all’agricoltura per destinarla all’allevamento.
Inoltre, dobbiamo considerare il fatto che i capi allevati in modo intensivo sono nutriti con cereali, legumi e farine di pesce, tutti alimenti non di scarto ma che a livello di risorse potevano essere destinati almeno in parte al consumo umano.
Capite cosa voglio dire?
E’ come se sulla Terra ci fossero degli esseri in più che ci sottraggono cibo.
In effetti, tra le conseguenza dell’allevamento e della pesca intensivi c’è anche questo: una parte dell’umanità non ha le risorse economiche per acquistare vegetali e pescato che sono invece destinati ai più ricchi per nutrire e placare un consumo smodato di proteine animali.
Secondo alcuni calcoli, è come se il pianeta avesse, oltre ai suoi abitanti umani, altri 20 miliardi di abitanti che ogni anno attingono alle sue risorse agricole e pesano sul suo equilibrio ecologico; di questi almeno bovini ed ovini (la cui popolazione può essere stimata rispettivamente in un miliardo e mezzo, (FAO 2006 pag. 53) e un miliardo e settecento milioni, (FAO 2006 pag. 53) e suini hanno consumi di cibo e di acqua in media superiori a quelli di un essere umano adulto.
Secondo il World Watch Institute gli animali macellati ogni anno sono in realtà 50 miliardi (WORLD WATCH 2009 Livestock and Climate Change What if the leading actors in climate change are… cows, pigs and chickens?” Robert Goodland and Jeff Anhang World Watch, November/December 2009 pag. 14), di cui verosimilmente i bovini sono 3,75 miliardi di bovini e gli ovini e caprini 4,25 miliardi, per una popolazione complessiva superiore a quella umana.
Eppure mangiamo sempre di più (in Italia abbiamo più che raddoppiato il consumo dagli anni Cinquanta a oggi) e ci serve sempre più terra e mare per accogliere gli animali d’allevamento.
Oltre a preoccuparci dell’estinzione di numerose specie di pesci, sulla questione allevamento intensivo pesano anche una dimensione etica e una molto più specifica, qui appena accennata, di consumo del suolo.
Come reagire in modo propositivo?
Se cibarsi è un gesto semplice ma rivoluzionario potremmo provare ad assaggiare nuovi sapori.
E poi.. Commentate e diffondete la proposta di legge sulle mense sostenibili!
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