L’emergenza siete voi!
Dopo tutti questi anni siamo ancora al ricorso emergenziale.
Questo governo affronta la questione ambientale e della salute pubblica che coinvolge prevalentemente le zona tra le province di Napoli e Caserta con strumenti straordinari, senza una complessiva visione di insieme e senza una progettualità integrata portatrice di un ripristino ordinario del benessere ambientale e sanitario della predetta zona.
Allora è chiaro, qui l’emergenza è connaturata al sistema.
Quindi ci vien voglia di pensare che qui l’unica emergenza reale siete VOI.
Una classe politica non all’altezza di questo paese che ha lasciato andare la barca a fondo pur di salvare i propri interessi, i propri recinti d’interesse particolare e lobbistico.
L’approccio emergenziale è anche un modo per concentrare lo sguardo sul presente distogliendolo da quanto è successo in passato.
Non possiamo far finta di dimenticare quello che è successo e le origini profonde del malessere di queste terre.
Non lo possiamo proprio scordare.
Dando uno sguardo al nostro paese vediamo da un lato la trattativa Stato-Mafia, una trattativa sulla quale si è poggiato lo scheletro politico delle nostre istituzioni. Parallelamente, sul piano industriale c’è stato in Italia una sorta di patto scellerato tra aziende del centro-nord e la criminalità organizzata per lo smaltimento illecito dei propri rifiuti.
Dal 1991 al 2013 nelle numerose inchieste sono state coinvolte ben 443 aziende: la stragrande maggioranza di queste ultime con sede sociale al centro e al nord Italia. In 22 anni sono stati sversati nella Terra dei Fuochi da 10 a 30 milioni di tonnellate di veleni.
Oltre 410 mila camion.
Rifiuti tossici di ogni tipo persino rifiuti prodotti da petrolchimici storici del nostro Paese (l’Acna di Cengio, l’ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce).
Poteva questo accadere senza la complicità delle istituzioni e di una classe politica corrotta e connivente?
Le inchieste della magistratura hanno e continuano ad affermare il contrario.
Altro punto centrale del nostro discorso è quello di non accettare l’idea di regionalizzare il problema. Perché qui il problema è di sicuro di natura nazionale. Se non internazionale.
Stiamo parlando quindi di un vero e proprio SISTEMA.
Dove si trova oggi la nuova terra dei veleni?
Forse in Romania o in Somalia?
Dove sono le nuove vittime di un sistema industriale irresponsabile e criminale vincolato alla sola legge del profitto, cinica e spietata, che non riconosce alcun diritto all’ambiente e alla salute dei cittadini.
Come diceva qualcuno che purtroppo c’ha lasciato troppo presto…
“Per quanto voi vi crediate assolti
siete lo stesso coinvolti.”
Naturalmente sappiamo che non tutto l’Agroalimentare campano è contaminato, certo è che varie aree saranno escluse categoricamente dalla produzione di cibo.
Ma cosa sarà di queste terre?
“Serviranno 80 anni per bonificare i territori dell’area Nord di Napoli”. Questo ha dichiarato il presidente della regione Caldoro citando i dati contenuti nella relazione della procura della Repubblica.
Questo decreto prevede la definizione di aree adatte e non adatte alla produzione agroalimentare.
Ci saranno terre per produrre cibo e poi aree per produrre… Altro.
Il rischio che noi vediamo è il proliferare incontrollato di coltivazioni per la produzione di agro-energie, impianti a biomassa, impianti a biogas oppure impianti per la produzione di biocombustibili, dovuto agli effetti perversi degli incentivi statali.
Gli effetti di questa eventualità si ripercuoterebbero ancora una volta sulla salute dei cittadini in termini di peggioramento della qualità dell’aria, delle acque e dei suoli, cosi come avviene oggi in tante regioni italiane.
Il nostro obiettivo principale deve essere la bonifica e non nuovi business che, come al solito, sono molto proficui per pochi mentre ai cittadini distribuiscono briciole e danni.
Ne beneficerebbe ad esempio il patron della società chimica Mossi e Ghisolfi, Guido Ghisolfi, iscritto al PD e grande sostenitore tra l’altro della corsa alle primarie di Renzi, cui ha donato assieme alla moglie, 100 mila euro.
Chi deve pagare la bonifica? Dobbiamo evitare che i soldi delle bonifiche finiscano silenziosamente nelle mani di chi ha inquinato.
Dobbiamo evitare l’assurdo che questi criminali guadagnino due volte.
Noi abbiamo proposto, tra l’altro, di consentire la coltivazione di piante appositamente scelte per contribuire alla rimozione delle sostanze inquinanti rilevate, la fitodepurazione.
Purtroppo si è preferito andare in un’altra direzione.
Chi dovrà pagare la bonifica?
Chi in questi anni ha guadagnato. In primo luogo tutto il sistema delle Ecomafie- quindi l’utilizzo dei soldi sottratti a questi criminali per le bonifiche. Come richiesto da un emendamento, da voi accolto, del Movimento 5 stelle.
Poi le aziende che hanno lucrato sui facili servigi delle mafie per lo smaltimento. Vorremmo che fossero proprio queste aziende a doversi impegnare per le bonifiche: chi inquina paga. Dobbiamo cercare le responsabilità, anche attraverso un sistema di identificazione della tipologia, o pattern, della provenienza delle sostanze inquinanti.
Ma veniamo ora alla parte che riguarda l’ILVA di Taranto.
Il provvedimento in questione è il quarto decreto dedicato all’Ilva in un anno e anche a fronte di questa ennesima misura d’urgenza, non si sono ancora risolti i problemi né per le città di Taranto e Statte, né tantomeno per i lavoratori.
Nessuno a tutt’oggi può dire con certezza scientifica che gli eventi di malattia e morte, comprovati dalle perizie epidemiologiche in sede di incidente probatorio, siano terminati, anzi tutt’altro. A meno che qualcuno ci voglia convincere che le rivelazioni di semplici centraline poste all’esterno dello stabilimento, possano davvero rappresentare il miglioramento ambientale che voi più volte avete invocato ma mai applicato nei fatti per il capoluogo jonico. Non prendiamoci in giro.
Parole, parole, parole…
Non prendiamoci in giro colleghi, non prendiamo in giro i cittadini e i lavoratori, non prendiamo in giro l’Europa che già ha aperto altre due procedure d’infrazione sulla vicenda Ilva. Nel 2011 la Corte ci ha già condannato per inosservanza della direttiva perché stabilimenti come Ilva producevano in assenza di AIA. Ma voi, parlamentari della repubblica, non solo state continuando a non far rispettare le direttive europee sull’AIA allo stabilimento Ilva, ma siete stati capaci di far disapplicare anche un’altra direttiva europea, quella sul “chi inquina paga”.
Una costante per uno Stato come quello dell’Italia che punisce con cartelle esattoriali e quant’altro ogni singolo e semplice cittadino che magari ha avuto qualche piccolo problema con la propria attività, ma si tiene alla larga dal far pagare a gente come Riva, che alcuni di voi lo hanno definito “capitano coraggioso” ai tempi della privatizzazione di Alitalia, per i crimini e i danni provocati.
D’altronde comprendiamo, vi comprendiamo! Dopo le campagne elettorali degli anni scorsi, dove Riva e le sue aziende hanno donato centinaia di migliaia di euro a Bersani, a Vico (ex parlamentare PD che voi avete ripresentato alle elezioni di questa legislatura), a Forza Italia, all’onorevole Fitto e chissà a quanti altri, ora siete in una brutta situazione perché è difficile voltare le spalle agli amici e agli amici degli amici.
Ma non è solo una questione di sanità e ambiente. Guardando all’andamento del mercato dell’acciaio, alla concorrenza soprattutto asiatica, ai costi delle materie prime e ai costi di produzione dell’acciaio, risulta difficile, quasi impossibile, dare garanzie per il futuro dei lavoratori dello stabilimento. Certamente, così come confermato dall’ ex Amministratore Delegato Ilva, che voi avete voluto come Commissario della stessa azienda di cui era già a busta paga, Errico Bondi che in audizione il 27 dicembre ha candidamente ammesso che i soldi per le prescrizioni dell’AIA non ci sono e non si sa come trovare i soldi per gli interventi previsti in gennaio e febbraio. Una situazione disperata dove perdono tutti, cittadini, lavoratori e Stato.
Il tempo passa, volete illudere i cittadini che questi decreti possano cambiare una realtà che invece è ancora immutata in tutta la sua tragicità?
E con la logica dell’emergenza si continua a produrre acciaio con gli stessi impianti dell’Ilva che negli anni hanno condannato almeno 30 persone all’anno a morte. Con impianti che ancora oggi, in una regione a costante crisi idrica come la Puglia, continuano ad utilizzare acqua potabile per produrre acciaio, mentre nelle case popolari dei quartieri di Tarano, i cittadini dei piani superiori non riescono a ricevere normalmente acqua potabile per mancanza di pressione!
Ai tarantini serve una efficiente sanità pubblica che tuteli ogni singolo cittadino. Cari colleghi, a Taranto succede proprio in questi giorni che a causa della mancanza di personale, delle inefficienze e dell’elevato numero di pazienti avvelenati dalle industrie, i tarantini sono costretti a fare lunghe file in piedi in ospedale per la chemioterapia e per curarsi!!! Per questo abbiamo provato per la 3° volta in 3 decreti in questa legislatura, a garantire a spese dell’Ilva, l’esenzione del ticket sanitario a tutti i cittadini, ma voi vi siete rifiutati e state dicendo ancora NO.
Forse qualcuno di voi dirà che si sta tentando di tutelare il lavoro. E allora perché, nonostante 3 decreti “ad aziendam”, nonostante le deroghe alla legge che pongono questa azienda “più uguale delle altre” e impossibile da chiudere, nonostante il tentativo di recepire degli ulteriori finanziamenti dalla proprietà, nel 2014 sono previsti in “solidarietà” circa 2400 operai a Taranto?
Ci dica il governo, che fine ha fatto la strategia nazionale dell’acciaio prevista dal primo decreto “Salva Ilva” ma mai presentata? Come si pretende di continuare a produrre acciaio senza una vera strategia nazionale che pianifichi le quantità e le qualità della produzione in base alle nostre necessità?
E cosa dire dei provvedimenti di cosi detta “bonifica” che stanno per compiersi, ma sarebbe forse meglio dire “per abbattersi” su Taranto, e che sono determinati anche dalle scelte di persone che risultano ad oggi indagate nel filone giudiziario “Ambiente Svenduto”? Cosa dire del miracolo del Mar Piccolo di Taranto, culla e motore della civiltà tarantina per millenni con le sue sorgenti d’acqua dolce sotterranea, l’alto numero di organismi viventi anche protetti come le popolazioni di Cavallucci Marini, e i suoi prelibati mitili che nel secondo seno potrebbero rischiare a causa dei sedimenti sollevati da eventuali dragaggi? E la Marina Militare cosa dice in proposito dell’area a mare di competenza dell’arsenale militare, che per oltre 100 anni ha inquinato parte del fondale della laguna tarantina?
Colleghi, con l’aiuto della popolazione interessata, dovremmo invece iniziare a pianificare un futuro diverso per la città di Taranto e Statte, fatto di alternative economiche all’ILVA.
Sono troppe le incognite che non rendono certo il futuro di questa azienda, anzi, sono di più i segnali che ci fanno pensare che non sarà tra molto la chiusura dello stabilimento, solo che noi del M5S, a differenza vostra, oltre a guardare in faccia la realtà, chiediamo di programmare dei cambiamenti veri che si potranno realizzare nel corso del tempo.
Taranto è storia, cultura, natura. Taranto è mare dove è facilmente possibile avvistare i balzi dei delfini che da millenni continuano a vivere e a riprodursi in queste acque. Taranto deve essere liberata dall’oppressione e dagli interessi delle lobby e dai politici lacchè delle lobby.
Mirko Busto – portavoce dei cittadini alla Camera
No Comment