è in corso in questi giorni un vivo dibattito sui media nazionali riguardo la scelta vegana a cui anche lei ha avuto modo di partecipare. Un dibattito acceso ma, purtroppo, di scarsa profondità e valore nella maggior parte dei casi. Mi rivolgo a lei, divulgatore e giornalista anche in ambito ambientale, affinché questo dibattito possa essere riportato a dati scientifici e non al tifo da stadio e/o a sbeffeggiamenti vari.
Malgrado il tenore di certi programmi e il livello di alcuni discorsi, l’argomento è infatti molto serio riguardando molto da vicino la nostra salute, il futuro del nostro pianeta e l’esistenza stessa della nostra specie. Proprio per questo non credo possa essere affrontato con il (voluto?) pressappochismo di chi scade nel paragonare capre a bambini come è accaduto di recente in un dibattito televisivo a Mattino 5 in cui anche lei era ospite.
Lo studio, basato su quattro diversi scenari alimentari (uno in cui si mantengono le attuali tendenze in termini di dieta, uno in cui si limita la carne a 300 grammi a settimana aumentando l’apporto di frutta e verdura, uno strettamente vegetariano e uno vegano) mostra i vantaggi in salute e i guadagni in termini di vite salvate derivanti da una dieta vegana (8,1 milioni di morti risparmiate) e da una dieta vegetariana (7,4 milioni di morti risparmiate). Diete che permetterebbero un’evidente calo di malattie cardiovascolari, tumori e patologie legate all’obesità.
Senza contare i vantaggi indiretti.
Come afferma il dott. Marco Springmann: Diete non bilanciate sono anche responsabili per più di un quarto di tutte le emissioni di gas serra.
Una dieta vegana, secondo lo studio sopracitato, permetterebbe una riduzione delle emissioni del 70%, un risultato che non può lasciare indifferenti. Soprattutto se si pensa che entro il 2050 le emissioni di gas serra legate alla produzione di cibo arriveranno ad essere la metà delle emissioni che il mondo potrà sostenere se vogliamo davvero ridurre i danni del clima impazzito, limitando il riscaldamento del pianeta ad un massimo di 2 gradi centigradi.
L’allevamento animale è uno dei principali responsabili della produzione di gas serra poiché genera il 14,5% delle emissioni totali di gas serra nell’atmosfera (dati Fao). Una cifra enorme. Basti pensare che l’intero settore dei trasporti è responsabile del 14% delle emissioni, per capire la gravità di questo numero. Numero che, secondo il World Watch Institute, è addirittura inferiore alla realtà, dato che una sua recente valutazione attribuisce a questo settore ben il 51% delle emissioni che contribuiscono all’effetto serra.
In termini di impronta idrica, inoltre, è stato calcolato che in un allevamento convenzionale siano necessari circa 15.500 litri di acqua per ottenere un chilo di carne di manzo (contando quanta ne serve per allevare gli animali e irrigare i campi in cui si coltivano i mangimi), 3920 per un chilo di pollo. Così, mentre 750 milioni di persone nel mondo ogni giorno non hanno accesso all’acqua potabile, l’industria della carne consuma circa il 30% delle riserve idriche del pianeta per garantire quotidianamente al bestiame la giusta dose di acqua.
Ma non basta. Attualmente circa i tre quarti (75%) dei terreni coltivati del pianeta sono destinati alla produzione animale. Di questi, 470 milioni sono riservati alla coltivazione di cereali e leguminose per la produzione di mangimi. L’allevamento animale è responsabile del 91% della distruzione della Foresta Amazzonica, uno degli ultimi polmoni verdi del pianeta, e per il 30% della distruzione globale di biodiversità.
Non ritiene anche lei che questi numeri meritino un’analisi un po’ più seria e approfondita del chiacchiericcio da salotto televisivo?
Oggi al mondo siamo più di sette miliardi. La produzione alimentare esistente basterebbe a sfamare dieci miliardi di persone. Tuttavia oltre un miliardo non ha accesso al cibo o è denutrita. L’impatto ambientale e sociale delle nostre scelte alimentari non è più sostenibile.
Questi e tanti altri dati motivano un necessario cambiamento di rotta: dati scientifici, oggettivi e ormai tremendamente incontrovertibili di cui mi piacerebbe poter parlare con lei, oltrepassando lo sterile dibattito televisivo di questi giorni. Se anche lei ritiene che tutto ciò sia degno di un confronto concreto e costruttivo, Dr. Cecchi Paone, sono a disposizione.