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L’Italia è una bomba atomica, Ue interverrà

E’ gravissimo e niente affatto rassicurante il valzer di annunci e smentite in merito alla pericolosità di fughe radioattive nelle acque superficiali vicine al deposito di scorie nucleari di Saluggia, comune della provincia di Vercelli dove si concentrano la maggior parte dei rifiuti radioattivi.

Pochi giorni la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, in Piemonte per una visita ispettiva, ha reso nota una contaminazione radioattiva della falda superficiale. Sebbene la Sogin, società incaricata dello smantellamento dell’eredità nucleare, si sia affrettata a smentire la correlazione con l’impianto Eurex, addossandola al vicino impianto di Sorin. Insomma, cambia la sigla ma non il pericolo per i cittadini.

Come riporta un articolo de La Stampa del 25 gennaio, l’anomalia del resto non è isolata: durante l’estate uno dei fusti che contengono fanghi derivanti dalla bonifica del sito rilasciava tracce di umidità. Non di radioattività, per fortuna.

Ma non basta. Già nel 2013 Arpa rilevava una limitata contaminazione del terreno circostante una delle due vasche a cielo aperto che raccolgono i liquidi da sversare nella Dora, provocata da una fessurazione della struttura.
Insomma che l’area non fosse il massimo della sicurezza già si sapeva da tempo e anche per questo si è pensato di costruire un nuovo deposito temporaneo – nominato D2 – destinato a ospitare i pericolosissimi rifiuti liquidi radioattivi, una volta finalmente solidificati (clicca qui per approfondire). Purtroppo proprio il D2 ha subito l’ennesimo stop: terminato dopo un tormentato iter è giunto a collaudo a dicembre 2015 ma durante le prime prove l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha scoperto alcune non conformità come crepe nell’intonaco e finiture delle tubazioni di drenaggio del sistema antincendio con residui di saldature e ruggine. Così l’entrata in funzione del D2 è destinata a subire un inevitabile rallentamento, con tutto ciò che questo comporta. Ossia continuare a mantenere scorie nucleari in un luogo che non garantisce standard di sicurezza e conformità adeguati e che mette quotidianamente a rischio non solo le zone limitrofe ma l’intera pianura padana e oltre.
Quello che non viene detto, infatti, è che se qualora succedesse qualcosa a questo sito tutta l’Italia settentrionale e il mare Adriatico ne farebbero le spese in quanto il deposito è circondato da canali, risaie, e situato alla confluenza tra il Po e la Dora. Una perdita di scorie nucleari allo stato liquido in questo luogo significherebbe la contaminazione di tutte le acque circostanti con danni inimmaginabili per l’ambiente e per l’uomo.
Già da tempo il Movimento 5 Stelle a tutti i livelli si è attivato per impedire che Saluggia divenga la tomba definitiva delle scorie italiane. Personalmente, ho denunciato l’inutilità dei nuovi depositi falsamente indicati come temporanei e la mala gestione del nucleare italiano anche al commissario europeo sull’energia e il clima Miguel Arias Canete.

Resto convinto che in un paese che voglia definirsi civile, i dati in merito alla salubrità di un’area tanto delicata e strategica sarebbero totalmente trasparenti da tempo e le scelte sulla gestione del sito e dei rifiuti radioattivi, come nel resto d’Europa, sarebbero sottoposte da Sogin a un comitato formato dagli stessi cittadini.

Cittadini che purtroppo sono invece chiamati solamente per pagare. Pagare per i ritardi della realizzazione definitiva delle strutture (i ritardi ci costano 150 milioni di euro all’anno) e pure le sanzioni europee che potrebbero arrivare per i ritardi del programma nazionale per la gestione delle scorie nucleari.

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