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NO AL GLIFOSATO, NO A UN’EUROPA IN MANO ALLA MONSANTO

Cavolfiore, lenticchie, porri, fichi, pompelmi, patate, frumento, avena. Ma non solo: anche in 14 tipi di birre tedesche sono state trovate voluminose tracce di glifosato!

Il glifosato è il diserbante della Monsanto più usato al mondo e il componente principale di almeno l’80% degli erbicidi in commercio in Italia.
Nel mondo è molto diffuso nelle coltivazioni Ogm, modificate appunto per diventare resistenti all’erbicida, come, per esempio, nel caso della soia roundup-ready. Quest’ultima (anche nei Paesi che vietano di coltivare ogm) viene comunque impiegata come mangime per gli animali. Nessuno è immune. La presenza sua e dei suoi metaboliti contamina suolo, atmosfera, acqua e finisce in ciò che mangiamo.

In Lombardia, l’unica regione che ha cerca la sua presenza nelle acque, il glifosato supera i limiti in quasi un terzo dei punti di rilevazione (il 31%). Percentuale che sale a oltre la metà (56,6% del totale), se si considera la molecola prodotta dalla sua disgregazione, il metabolita “Ampa”.
Si tratta di dati molto preoccupanti, anche perché l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha inserito il glifosato nella categoria delle sostanze probabilmente cancerogene. Per intenderci, anche del DDT dicevano che era “probabilmente cancerogeno”.

Uno studio pubblicato su The Lancet Oncology, dopo tre anni di ricerche coordinate da 17 esperti in 11 Paesi, ha rivelato una forte correlazione epidemiologica tra l’esposizione al glifosato e il linfoma non-Hodgkin. Ciò in aggiunta ai già noti aumenti di ricorrenza di leucemie infantili, malattie neurodegenerative e Parkinson in testa.

Ciononostante, nel nostro Paese il glifosato è una delle sostanze più vendute e almeno 750 prodotti la contengono. Secondo i dati Ispra ed Eurostat 2012, l‘Italia è il maggiore consumatore di pesticidi (principi attivi) tra i Paesi dell’Europa occidentale, sia in termini assoluti (61.890 tonnellate), sia in termini di consumo per unità di superficie coltivata (5,6 Kg/ettaro, o Kg/ha), con valori doppi rispetto a quelli di Francia e Germania.

E’ chiaro che, se teniamo alla nostra salute e al nostro futuro, dobbiamo smettere di avvelenarci. E’ giunto il momento dire basta.

L’autorizzazione per l’uso di questo erbicida nell’Unione Europea è scaduta il 31 dicembre scorso e tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima la Commissione europea dovrà decidere se proporne il rinnovo per altri 15 anni. La proposta sarà votata dalla commissione permanente del Paff (comitato per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi) e secondo indiscrezioni tutti gli Stati membri, ad eccezione della Svezia, sarebbero a favore.

Questo perché, ricerche a parte, ci sono in gioco enormi interessi economici.

Chi difende l’uso del glifosato si appiglia a due pareri ufficiali (datati 2015): quello dell’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR), secondo il quale il glifosato “non è cancerogeno”, e quello dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che lo ha definito “probabilmente non cancerogeno” basandosi proprio sul rapporto Bfr, stilato dalla “Glyphosate task force”.

Da un’inchiesta del settimanale tedesco Die Zeit, si scopre però che al gruppo “Glyphosate task force” collaborano proprio quei produttori di fitofarmaci o, per meglio dire, quelle aziende che hanno chiesto di poter vendere il glifosato nei paesi dell’Unione europea.

Per giungere a questa conclusione il BfR avrebbe iniziato a respingere uno dopo l’altro tutti gli effetti chiaramente cancerogeni correlati al glifosato, dichiarandoli non rilevanti, con una modalità sinora senza precedenti, distaccata da qualsiasi convenzione o metodo scientifico e con evidente inosservanza delle indicazioni dell’OCSE in merito. Ma non basta, anche i regolamenti chiave europei adottati per proteggere l’ambiente e la salute dai rischi delle sostanze chimiche, come il regolamento REACH, i regolamenti relativi ai pesticidi e ai biocidi, non sembra siano stati osservati.

Per questo noi del Movimento 5 Stelle ci siamo mobilitati presentando un’interrogazione parlamentare sull’argomento e ricordando al Governo gli impegni presi già nel gennaio 2014 quando ha adottato il Piano d’azione nazionale (PAN) “per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”.

Intanto, anche Associazioni ambientaliste e cittadini, hanno avviato, a livello mondiale, azioni-legislative e proteste per bandire immediatamente il glifosato o limitarne l’uso con norme severe.

In Italia 32 associazioni – tra cui: Fai, Wwf, Legambiente, Greenpeace e Italia Nostra – hanno firmato un appello per chiedere di bandire totalmente la sostanza e di “rimuoverla da tutti i disciplinari di produzione che la contengono e di escludere le aziende che ne fanno uso da qualsiasi premio nell’ambito dei Programmi regionali per lo sviluppo rurale”.

Questi sono giorni cruciali per la battaglia contro il glifosato. E anche se Renzi e la sua cricca non vedono l’ora di farcelo mangiare per altri 15 anni, di far passare schifezze come il TTIP e americanizzare definitivamente l’Italia, sarebbe utile far sentire la nostra voce e ricordare all’Europa che qui, per fortuna, vale ancora il Principio di precauzione.

C’è un appello: #StopGlifosato. Diffondi questo video e questo hashtag. “Probabilmente” ti salverà la vita: #STOPGLIFOSATO

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