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Stop Olio di palma: antiscientifici a chi?!

Allocchi, complottisti, antiscientifici. Consumatori e imprenditori sono stati accusati di tutto e di più. Perché? Semplicemente per aver deciso di dire basta all’olio di palma.

Lo stanno facendo in tanti, tantissime aziende si sono dimostrate pronte a convertirsi a una filiera più sostenibile in nome della salute dei consumatori e del futuro del nostro pianeta. Di Leo, Coop, Colussi, Novi… la stessa Barilla, fino a poco tempo fa schierata con l’Aidepi a favore dell’olio di palma sostenibile, ha dovuto cambiare strategia. I consumatori consapevoli hanno vinto, pensavo.

Ma  il discredito è un’arma potente così come lo è l’interesse di poche ma importanti multinazionali che pur di non lasciare quell’osso così vantaggioso per le proprie casse sono pronte a tutto. Così dicono che l’olio di palma sia una scelta responsabile, basata sulla scienza.

Quale scienza?
Quella scienza che non tiene conto del report dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) che, valutando i rischi per la salute pubblica derivanti dalle sostanze glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD), ha messo in guardia i consumatori sulla presenza di questi contaminanti alimentari tossici nell’olio di palma (contenuti dalle 6 alle 10 volte di più che negli altri oli vegetali). In particolare il GE, per cui ci sono dati scientifici così evidenti rispetto la sua genotossicità e cancerogenicità che il gruppo CONTAM (gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare) non ne ha potuto stabilire alcuna soglia di sicurezza.

O forse quella scienza che smentisce addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità? Il nostro Istituto Superiore di Sanità? Il Center for Science in the Public Interest? La statunitense American Heart Association? L’Agenzia francese per la sicurezza alimentare? Il Consiglio Superiore della Salute del Belgio? Realtà più che autorevoli che da tempo mettono in guardia sulla presenza eccessiva di grassi saturi nell’olio di palma e sul loro legame con l’aumento di colesterolo, di rischio cardiovascolare e di coronaropatie.

Quella scienza che si dimentica di dire che sì, anche gli altri oli vegetali presentano rischi legati alla presenza di grassi saturi, ma l’olio di palma tra tutti rimane il peggiore: con il suo 52% di grassi saturi si piazza secondo solo all’olio di cocco, subito dietro al burro (66%), quantità di molto superiori agli altri oli vegetali, come per esempio l’olio di oliva (che non supera il 15%) o di girasole (11%).

Quella scienza che non tiene conto degli studi dell’Università di Praga, del Centro per la sicurezza alimentare di Stoccarda (CVUA), dell’Autorità tedesca per la sicurezza alimentare, dell’International Life Sciences Institute di Bruxelles (Ilsi) e delle molte altre evidenze scientifiche che tutto affermano fuorché che l’olio di palma faccia bene alla salute. Ma soprattutto quale responsabilità?

Quale senso di responsabilità c’è nel continuare a devastare una delle terre più martoriate del pianeta? L’Indonesia e la Malesia, primi esportatori di olio di palma al mondo, proprio a causa di questo mercato oggi sono in ginocchio. Rappresentano uno degli ultimi polmoni verdi che ci rimangono e noi li stiamo depredando di tutto: suolo, acqua, aria, biodiversità.

Ad oggi è impossibile definire con esattezza il danno reale che gli incendi appiccati per far spazio a monoculture di palma da olio stanno provocando e fare chiarezza sulla legalità di queste piantagioni. È impossibile a prescindere da qualsiasi certificazione. Per dieci anni la RSPO è stato presentata come una risposta e ora si scopre che non è servita a nulla. E cosa ci propongono? Un’altra certificazione. Non abbiamo altri dieci anni per vedere se questa volta sarà diverso. Lo sappiamo già: non c’è certificazione che tenga, il danno ormai è irreparabile. L’unica risposta plausibile è un’altra: Basta olio di palma.

Le alternative esistono, in moltissimi le hanno attuate. Non volerle adottare significa chiudere gli occhi su due delle questioni più critiche del nostro tempo: quella ambientale e quella legata alla nostra salute e al nostro futuro. È tempo di scelte coraggiose e di guardare in faccia la realtà: i fatti ormai sono sotto gli occhi di tutti (anche se qualcuno vorrebbe richiuderli).

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