Fertilizzanti che, tra l’altro, rilasciano una considerevole quantità di protossido di azoto (N2O), un gas serra quasi 300 volte più potente della CO2.
In Italia a puntare sull’affare olio di palma c’è in prima fila l’Eni. La società, in parte statale, nel solo 2014 ha importato 144.000 tonnellate di olio di palma per la Bioraffineria di Venezia. Durante la fase 1 ovvero fino a metà 2017 – si legge nel sito dell’Eni – la Bioraffineria approvvigionerà circa 360.000 tonnellate di oli vegetali all’anno. Nella fase 2 grazie ad un ulteriore upgrading dell’impianto (nel 2017) la capacità di approvvigionamento della Bioraffineria salirà a circa 560.000 tonnellate di oli vegetali all’anno per una produzione complessiva di biodiesel di circa 420.000 ton/anno.
Ma non basta. Nell’ambito del protocollo d’intesa siglato il 6 novembre 2014 al Ministero dello Sviluppo Economico con le organizzazioni sindacali, le istituzioni e Confindustria, l’Eni ha annunciato anche la realizzazione di una seconda bioraffineria, questa volta a Gela, che si stima avrà una capacità di lavorazione di circa 710.000 tonnellate di oli vegetali all’anno e una produzione di 530.000 anno di biodiesel.
Avete idea di quanto questi numeri peseranno sull’ambiente? Sulla deforestazione? Sugli ecosistemi? E sulle popolazioni di paesi già devastati da questo commercio scellerato?
Di fonti alternative ormai ce ne sono tantissime, come dimostrano le politiche energetiche dei tanti Stati che ormai hanno deciso di puntare sulle rinnovabili. In Italia invece si continua a puntare sulle fonti fossili, sulle trivelle, sul petrolio e sui biocombustibili che di bio non hanno assolutamente nulla. A guadagnarci, ancora una volta, sono lobby e multinazionali del petrolio, mentre a perderci è l’intero pianeta. Tutto questo non è più sostenibile!
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