Sulle nostre tavole ci troviamo ad affrontare molti nemici: Ogm, zucchero, grassi, carne e sempre più spesso, olio di palma. Ingrediente ormai presente in una quantità infinita di alimenti (oltre che di cosmetici, saponi, creme e rossetti), a partire dai biscotti e i dolci confezionati da forno, questo “olio vegetale” è la causa di devastazioni ambientali enormi. Eppure, chi lo produce di vergogna non sembra provarne, e ha avviato una delle peggiori campagne pubblicitarie e di greenwashing che io abbia visto.
Si tratta di un concorso a premi, che permette di vincere un viaggio in uno dei luoghi incantati dell’olio di palma: la Malesia. Attraverso questa pubblicità, che da qualche tempo sta girando sul Web e su facebook, il cartello internazionale del Malaysian Palm Oil Council chiede di rispondere a tre semplici domande, di inserire i propri dati e di incrociare le dita. Si potrebbe infatti essere fra i fortunati che possono visitare “il paradiso tropicale della Malesia”.
Ma vi rendete conto?
Il paradiso descritto da questi signori è quello in cui le foreste tropicali (e tutte le specie che ci vivevano) hanno dovuto soccombere proprio per fare spazio alle piantagioni di questi devastatori. Malesia e Indonesia, giusto per capire le dimensioni del problema, assieme coprono circa l’80% della produzione mondiale, e hanno già trasformato in piantagioni di palma da olio un’area delle loro foreste pluviali più vasta dell’intera Italia.
Lo stesso Malaysian Palm Oil Council promuove l’olio di palma come un frutto della foresta con “il profumo di violetta, il sapore dell’olio di oliva e un colore che tinge il cibo come lo zafferano”, scrive il giornalista britannico Fred Pearce nel libro Confessioni di un ecopeccatore (prefazione all’edizione italiana di Luca Mercalli): “Tuttavia, la verità è che le foreste del sud est asiatico vengono spesso disboscate per aprire la strada alle palme da olio”, appunto.
“Ciò diventò drammaticamente evidente nel 1997, quando le foreste pluviali e le torbiere nelle isole indonesiane di Borneo e Sumatra bruciarono generando una nuvola di smog che ricoprì l’intera regione. Studi successivi hanno dimostrato che i tre quarti degli incendi erano stati appiccati da persone che stavano ripulendo il terreno per piantare palme da olio”.
E aggiunge: “Quando mordicchio un biscotto, apro un pacchetto di patatine, mi lavo i denti, macchio il mio caffè o divoro un gelato, contribuisco alla distruzione delle foreste pluviali, gli ecosistemi più ricchi di biodiversità del pianeta, e all’emissione di centinaia di milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera”.
Ecco perché #iomangiosostenibile. Ed ecco perché io trovo vergognosa e inaccettabile l’assurda pubblicità dei più grandi produttori di olio di palma del pianeta.
Insaziabili produttori di morte e di devastazione.