Gli orti sui tetti delle città potrebbero soddisfare oltre tre quarti del loro fabbisogno di ortaggi, aiuterebbero la fauna selvatica e aiuterebbero a ripulire l’atmosfera da centinaia di tonnellate di CO2 ogni anno. A rivelarlo è una ricerca (una volta tanto) italiana. A Bologna, infatti, si sono dimostrate scientificamente per la prima volta le enormi potenzialità di questi orti urbani.
Ogni spazio che non viene utilizzato sui tetti delle città, si sa, può essere sfruttato al meglio. Non solo per l’installazione di mini-impianti eolici o di pannelli solari e fotovoltaici che, invece, troppo spesso siamo costretti a vedere su terreni liberi, ma anche per diventare a loro volta delle piccole aree agricole. Che, a differenza di quelle convenzionali, invece che devastare la biodiversità, la aiuterebbero.
Lo dimostrano degli esperimenti eseguiti all’Università di Bologna, prima città italiana a impiantare, già nel 2010, orti sui tetti di alcuni edifici pubblici. I ricercatori hanno seguito gli sviluppi di questi orti tra il 2012 e il 2014, e dopo avere coltivato lattuga, cavoli neri, cicoria, pomodori, melanzane, peperoni, meloni e angurie in tubi di plastica, pallet riciclati riempiti di compost e su pannelli di polistirolo galleggianti in serbatoi, sono giunti ad una conclusione che ha dell’incredibile: se si sfruttassero per la coltivazione tutti gli spazi disponibili sui tetti di una città, questi potrebbero fornire il 77% degli ortaggi in essa consumati.
I ricercatori bolognesi hanno poi stimato la potenziale produttività di una rete di orti che, volendo, potrebbe occupare ogni superficie piana della città. Per farlo hanno usato delle mappe digitali, mentre con il sistema CAD hanno identificato tutti gli spazi piatti inutilizzati sui tetti e le terrazze di Bologna.
I loro calcoli suggeriscono che, se tutto lo spazio disponibile fosse utilizzato, gli orti urbani sui tetti di Bologna potrebbero produrre ogni anno circa 12.500 tonnellate di ortaggi (appunto il 77% del fabbisogno di ortaggi dei bolognesi, in base ai dati di consumo reali di questa città).
Non c’è solo il cibo, però. Oltre ad una maggiore indipendenza dal mercato globale a livello alimentare, questi orti aiuterebbero a preservare e ad aumentare la biodiversità urbana, anche formando delle “reti” molto utili per a fauna selvatica. Gli spazi esaminati, distanti mediamente 50 metri gli uni dagli altri, formerebbero infatti dei “corridoi verdi” per la fauna selvatica (inclusi gli insetti impollinatori, che hanno generalmente una distanza di foraggiamento volo di 750-1500 m) di ben 94 km di lunghezza totale.
Non vi basta? La ricerca italiana ha dimostrato anche che gli orti sui tetti possono ridurre l’impronta ecologica di una città filtrandone l’aria inquinata, assorbendone in parte il rumore e le emissioni di CO2 (le stime per Bologna parlano di 624 tonnellate di CO2 ogni anno), e controllandone la temperatura grazie all’ombreggiatura.
Insomma, che cosa aspettiamo a valorizzare i nostri tetti, trasformandoli in orti? Che i folli prezzi e la scarsa qualità degli alimenti che troviamo al supermercato ci obblighi a farlo? Oppure che le nostre città si trasformino definitivamente in deserti di acciaio, cemento e aria inquinata?