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Glifosato, Ue e Pd dicono Sì per altri 7 anni

Alla faccia del principio di precauzione! Alla faccia della salute pubblica! Ancora una volta l’Europarlamento (grazie anche all’appoggio del Pd) decide di fare gli interessi delle lobby e dice sì alla proroga per altri sette anni del glifosato.
Con buona pace degli effetti che ormai sono sotto gli occhi di tutti e del giudizio stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha definito il glifosato come probabilmente cancerogeno, l’erbicida più usato al mondo, che garantisce alla Monsanto oltre i 5 miliardi l’anno, continuerà a essere spruzzato sui nostri terreni.

Lo ha deciso ieri l’Europarlamento con una risoluzione che, anche se non vincolante, metterà a tacere qualsiasi opposizione al momento del voto di maggio. La Commissione europea non aspettava altro! Già a marzo si era riunita con l’intento palese di concedere il rinnovo dell’utilizzo del glifosato per altri 15 anni (quella in corso scade a fine giugno) ma grazie alla movimentazione sociale e  alla conseguente opposizione di quattro paesi (Italia, Francia, Svezia e Olanda) è stata costretta al passo indietro.
Ora ecco arrivare da Strasburgo la spintarella tanto attesa da chi voleva a tutti i costi fare gli interessi di coloro che dal divieto di utilizzo dell’erbicida avrebbe tanto da perdere. A favore del rinnovo di sette anni al glifosato hanno votato anche gli europarlamentari italiani del Pd. Con buona pace, ancora una volta, della volontà popolare. Anche grazie a questi voti, la Commissione europea che si riunirà a maggio, potrà far leva sul risultato della risoluzione dell’Europarlamento ed avere la strada spianata al rinnovo del permesso.
Oltre il danno la beffa. Secondo la Commissione questi sette anni darebbero all’Efsa la possibilità di approfondire gli studi sugli effetti della molecola. Ma ricordiamolo chi è l’Efsa: l’Autorità europea per la sicurezza alimentare sulla quale già gravano pesanti ombre di conflitti di interessi.
Gli studi sul glifosato prodotti dall’Autorità presa a riferimento si basano sul rapporto dell’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR) stilato dalla Glyphosate task force, secondo il quale il glifosato “non è cancerogeno”. Da un’inchiesta del settimanale tedesco Die Zeit, si scopre però che al gruppo Glyphosate task force collaborano proprio quei produttori di fitofarmaci che hanno chiesto di poter continuare a vendere il glifosato nei paesi dell’Unione europea. Per giungere a questa conclusione il BfR avrebbe iniziato a respingere uno dopo l’altro tutti gli effetti chiaramente cancerogeni correlati al glifosato, dichiarandoli non rilevanti, con una modalità sinora senza precedenti, distaccata da qualsiasi convenzione o metodo scientifico e con evidente inosservanza delle indicazioni dell’OCSE in merito. Ma non basta, anche i regolamenti chiave europei adottati per proteggere l’ambiente e la salute dai rischi delle sostanze chimiche, come il regolamento REACH, i regolamenti relativi ai pesticidi e ai biocidi, non sembra siano stati osservati.
Oggi il glifosato in Italia è Presente in oltre 750 diserbanti, le sue tracce si trovano anche nel sangue di quei cittadini che non sono mai stati a contatto diretto con il prodotto e una buona parte della nostra catena alimentare è ormai contaminata. Mi domando quindi con quale coscienza gli europarlamentari italiani del Pd abbiano votato a favore del suo rinnovo.
Si tratta di una sconfitta per tutti e non, come ci voglio far credere in tanti, di una sconfitta solo per gli ambientalisti e i sostenitori del biologico. Qui a perderci è ognuno di noi, il nostro benessere, quello della nostra terra e quello dei nostri figli. Ora l’unica cosa da augurarsi è che l’Italia mantenga ferme le posizioni espresse precedentemente dai ministri Martina, Lorenzin e Galletti, e che ostacoli in tutti i modi il rinnovo dell’autorizzazione per il glifosato nei prossimi appuntamenti a livello europeo, tenendo fede a livello italiano al Piano d’Azione Nazionale votato nel 2014. Ma sarà indispensabile farsi sentire, e tanto, perché ciò avvenga.
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