Siccità e incendi: sospendere immediatamente la caccia
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Uno schiaffo, anzi, un bel destro viene sferrato all’Ispra da parte di regioni e governo. L’Istituto (che ci tengo a ricordare è l’Istituto di ricerca del Ministro dell’Ambiente, non proprio l’ultima ruota del carro) il 28 agosto aveva inviato a regioni e governo una nota in cui si raccomandava di limitare il più possibile la stagione della caccia, data le condizioni davvero critiche degli ecosistemi italiani, già duramente colpiti da siccità e temperature elevate.
Nei mesi scorsi le principali associazioni ambientaliste avevano chiesto a gran voce alle istituzioni il rinvio della stagione venatoria (la pre-apertura era prevista per il 2-3 settembre, mentre l’apertura ufficiale per il 17 settembre) ma le richieste sono rimaste lettera morta, facendosi beffa della tutela ambientale e degli italiani contrari a questo “sport” (quasi il 70%, secondo i dati EURISPES).
Per tutte queste ragioni ho appena consegnato una risoluzione alle Camere per bloccare la stagione venatoria.
La nota dell’Ispra era molto chiara: «Tale situazione, anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente; dati European Forest Fire Information System – EFFIS) in diversi contesti del Paese, comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischia di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie. Infatti, il perdurare di condizioni climatiche estreme, determina un peggioramento delle condizioni fisiche degli individui poiché risulta necessario un maggior dispendio energetico per raggiungere le fonti idriche, che si presentano ridotte e fortemente disperse. Ciò può condizionare negativamente il successo riproduttivo e aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, a causa di una maggior vulnerabilità a malattie e predazione».
Nonostante le raccomandazioni la stagione venatoria è stata anticipata al 2 settembre in tutte le regioni italiane con l’eccezione di Liguria, Abruzzo e Trentino Alto Adige, a dimostrazione dell’amore per questo Governo per l’ambiente e del peso della lobby dei cacciatori. Per non parlare di come la caccia venga sovvenzionata da soldi pubblici e rappresenti un rischio per l’incolumità pubblica, sopratutto se concentrata nelle poche zone scampate agli incendi. Ora che il Corpo Forestale dello Stato è stato sciolto e che i parchi nazionali (rendiamo grazie sempre al nostro governo per questo) sono sempre meno tutelati, chi vigilerà sulla sicurezza dei cittadini e sulla tutela della biodiversità, che tanto caratterizza la nostra penisola?
È una missione così impossibile limitare la caccia in questo Paese? O gli interessi in ballo sono troppi? Basta con questa scusa che la caccia serve a riequilibrare la natura e che i cacciatori sono i veri custodi della natura! Vi ripropongo a questo proposito, un breve elenco di falsi miti stilati dalla Lipu:
1) La caccia e l’attività dei cacciatori sono utili per regolare gli equilibri della natura. FALSO
Le regole che governano gli equilibri naturali sono complesse e dipendono dall’interazione tra molte specie, vegetali ed animali. Non si può pensare di risolvere con le armi da fuoco gli squilibri, spesso provocati dall’uomo e talvolta dagli stessi cacciatori.
Dobbiamo sfatare il mito che la caccia aiuti a regolare la natura, per due motivi. Anzitutto, una parte degli squilibri è dovuta proprio alla crisi degli ecosistemi, all’incessante urbanizzazione e alla scomparsa di grandi carnivori come lupi e orsi (peraltro anche a causa della stessa caccia). In secondo luogo l’introduzione di animali estranei ai nostri ambienti naturali per fini venatori (si vedano alcune sottospecie di cinghiali) ha creato danni e gravi squilibri.
E’ impensabile affidare la soluzione a chi in gran parte ha causato il problema. Servono invece buone pratiche, una corretta gestione di habitat naturali e risorse e un serio management ambientale. Solo così gli squilibri saranno risolti, evitati o comunque contenuti e col tempo potremmo avere un ambiente nuovamente in equilibrio.
2) I cacciatori possono aiutare a controllare le popolazioni di specie ritenute problematiche come il merlo e il germano reale. FALSO
In natura non esistono specie cattive o problematiche. Tutte le specie svolgono importanti funzioni nell’ecosistema. Esistono specie che, per loro caratteristiche e abitudini, approfittano di situazioni di squilibrio o disordine, spesso proprio causato dalla cattiva gestione umana (si pensi ad esempio alla gestione dei rifiuti in città). In ecosistemi o ambienti ben trattati, anche con presenza di predatori, non ci sono reali squilibri.
3) La caccia è necessaria alla nostra sopravvivenza. FALSO
Per millenni la caccia è stata fonte di sussistenza alimentare. Oggi fatta eccezione per talune popolazioni, non lo è più. La caccia al bisonte era, per gli indiani d’America, parte integrante dello stile di vita. Non rompeva gli equilibri naturali e richiedeva grandissima attenzione e parsimonia nel prelievo degli animali, a fini alimentari e di vestizione. Col tempo queste necessità e questo approccio sono scomparsi, e sono rimaste forme di caccia superflue, consumistiche, inutili e dannose. Oggi la fauna selvatica è “patrimonio indisponibile dello Stato”, quindi un bene della collettività. La cultura è cambiata, la società è cambiata. Perché mai qualcuno dovrebbe privarci di qualcosa che è patrimonio collettivo?
4) I cacciatori sono capaci di riconoscere con facilità le specie cacciabili di uccelli da quelle protette quando sono in volo. FALSO
Talvolta anche molti scienziati e ornitologi incontrano difficoltà nel riconoscimento delle specie, soprattutto in volo. Se tuttavia è un cacciatore a sbagliare, il danno è ben maggiore, perché le conseguenze sono gli abbattimenti di specie superprotette e non cacciabili, che dunque non dovrebbero assolutamente essere abbattute. A ciò si aggiunga la superficilaità con cui talvolta si tengono gli esami di abilitazione e si rilasciano le licenze di caccia.
5) Lo Stato italiano usa i soldi dei contribuenti per finanziare la caccia. VERO
Le spese sostenute da Stato, Regioni ed enti locali per gestire la caccia provengono dalla fiscalità, cioè dai soldi di tutti. Le tasse che i cacciatori pagano per svolgere la loro attività non sono sufficienti a coprire tutte le spese né tantomeno a curare i danni che la loro stessa attività, con l’abbattimento di milioni di animali o i ripopolamenti scriteriati, ogni anno comporta.
6) I cacciatori italiani godono di privilegi rispetto ai normali cittadini? VERO
L’articolo 842 del Codice Civile permette ai cacciatori di invadere la proprietà privata senza che il legittimo proprietario possa opporvisi. Se, nel corso della battuta di caccia, un cacciatore si trova a passare su terreni altrui per inseguire l’animale o appostarsi per abbatterlo, può farlo. E ciò in base a una norma vecchia, superata e da rivedere. Non si può privilegiare le esigenze di chi gira con un fucile, a discapito di quelle di chi desidera sicurezza e tranquillità, per sé e per i propri figli.