Agricoltura

Tornare alla Terra

Mani nella terra

Foto Flickr Wolfangfoto

Secondo i dati raccolti da Coldiretti il 23% dei giovani iscritti alle scuole superiori tecniche e professionali ha indirizzato i propri studi verso l’agricoltura e l’enogastronomia, scegliendo così un futuro legato all’ambiente e al nostro territorio, caratterizzato da un’estrema biodiversità – bene da tutelare con cura.

La scelta di questa percentuale di giovani studenti è motivata solo della crisi occupazionale o porta con sé anche un significato più profondo? Ci troviamo, come è sostenuto da valenti studiosi e come ho suggerito spesso in questo blog, ad un bivio sociale e culturale?

La domanda è interessante se confrontiamo il dato di cui sopra con molte delle notizie veicolate dai media main stream e, in generale, dall’immagine che si da delle giovani generazioni – solitamente rappresentate come senza ideali, senza obbiettivi e, negli ultimi tempi, senza un futuro.

Certamente viviamo anni molto difficili e complessi sotto diversi punti di vista e non è difficile avvertire il malessere che avvolge le giovani generazioni e più in generale l’intera società. E’ come se ci stessimo lentamente e forse inconsapevolmente allontanando da qualcosa, la cui perdita procura un senso di vuoto che può generare senso di frustrazione e forme di depressione collettiva.

Forse vi è capitato, grazie al canale La Cosa o al blog di Beppe, di ascoltare qualche intervento di Silvano Agosti. La sua entusiastica descrizione della bellezza del corpo e dell’interiorità di ogni singolo essere umano è contagiosa.

Secondo il pensatore argentino Miguel Benasayag è possibile fare una netta differenza tra voglia e desiderio
La differenza fondamentale tra voglia e desiderio sta nel fatto che la prima è “normalizzata”, nel senso che sono gli altri che ci dicono di cosa dobbiamo avere voglia; invece il secondo richiede un vero e proprio lavoro, perché il desiderio non ha origine individuale, ma si costruisce in relazione con gli altri. Credo che quando si enuncia un desiderio, si esplicita una forma di qualcosa che trascende l’individuo che va oltre la sua dimensione individualistica; questo ha a che fare con l’epoca, la situazione, la storia, la complessità della realtà”.

Come dargli torto? Siamo appena reduci da vent’anni di Berlusconismo e adesso alle prese con un nuovo Principe dal machiavellico profilo.

Rifacendosi al dato iniziale, possiamo ricollegare l’indirizzo dato dagli studenti a un desiderio sovra-individuale, dettato anche da determinazioni storiche (crisi economica, cambiamento culturale).
Il concetto di voglia istintivamente rimanda invece al messaggio ridondante del marketing che genera persone accomunate dalla frustrazione di dover raggiungere modelli preconfezionati, ma sempre più spesso irraggiungibili.

Ecco di nuovo il concetto dei “giovani” che tornano alla terra e cittadini che sentono il vuoto di una condizione insoddisfacente, irrimediabilmente separati dagli oggetti dei loro sogni indotti.

In tema di origini, è interessante notare come, in tempi di crisi economica sia più forte per alcuni individui l’attaccamento a valori legati a un ritorno all’ambiente di tipo naturale.
Sarebbe interessante scoprire se, nei confronti dell’ambiente, questi giovani si pongono come co-creatori all’interno di un nuovo equilibrio basato su una relazione più rispettosa e meno legata allo sfruttamento di ciò che è naturale.

Alla luce delle questioni esposte invito i tanti attivisti impegnati sui territori a prendere visione della proposta di legge a 5 Stelle sul consumo di suolo per adattarla alle proprie realtà, per sviluppare nuove visioni e paradigmi di vita nel rispetto di se stessi e dell’ambiente e permettere a questa generazione di costruire un futuro davvero migliore.

Mentre in parlamento ci si ferma per dare spazio a staffette e passaggi di poltrone, e mentre le piazze si riempiono della disperazione dei lavoratori, l’Italia perde ogni giorno circa 100 campi di calcio di suoli agricoli e naturali (in dieci anni si è già persa una superficie pari al Veneto).

Se non agiamo con buon senso e con una visione più ampia della gestione dei beni comuni, l’Italia del futuro immediato sarà una società attaccata al respiratore, incapace di nutrirsi da sola.

Se non li usiamo adesso per vedere in modo più ampio e globale, i nostri occhi in futuro ci serviranno solo per piangere sul poco suolo che ancora resta e su quanto abbiamo perduto!

Vostro Mirko Busto

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