Il contenimento del cambiamento climatico rappresenta una priorità fra le emergenze globali, anche per le conseguenze geopolitiche a cui sta conducendo. Ma nel dibattito politico di un paese dal clima vulnerabile come l’Italia, un fenomeno di questa portata non riesce a trovare un minimo di attenzione. Se non ovviamente quando ci sono l’alluvione o la tromba d’aria di turno, eventi che portano per forza a farsi delle domande sul perché si verificano sempre più spesso.
Nel mondo la temperatura media è salita di 0,57 gradi. In Italia l’incremento è stato di 1,5 gradi. Quasi il triplo! Un dettaglio non da poco, fatto presente anche nella nostra mozione sui cambiamenti climatici. Che, tranne qualche eccezione, è stata completamente ignorata dai quotidiani italiani.
Il riscaldamento globale, senza interventi tempestivi e vincolanti, è destinato a superare le temperature di ben oltre 2°C rispetto a livelli dell’epoca preindustriale, con un impatto devastante sugli habitat, sulla produzione agricola mondiale, sulla disponibilità di acqua potabile e sulla vivibilità delle aree costiere.
In Italia, oltre a un aumento medio della temperatura di ben tre volte superiore alla media globale e all’intensificarsi di fenomeni atmosferici estremi, i problemi risiedono anche nei progressivi assottigliamento e scomparsa di diversi ghiacciai alpini, con conseguente compromissione del rifornimento idrico per l’agricoltura nei mesi estivi.
Anche a livello internazionale si preferisce mettere la testa sotto la sabbia: mantenere il riscaldamento globale entro i 2 °C, obiettivo concordato dall’ONU e dai governi mondiali, è semplicemente ridicolo.
Perché?
Perché i due gradi non sono una soglia adeguata. Sorpassare di un grado e mezzo la temperatura media globale significa superare un limite che non eviterà le conseguenze disastrose del cambiamento climatico.
L’incremento di 2 °C rappresenta infatti la soglia tra cambiamento climatico “pericoloso” ed “estremamente pericoloso”. So che siamo abituati in generale a scegliere tra il peggio e il meno peggio, ma qua si tratta della possibilità di continuare a vivere su questo pianeta.
Un altro problema dei limiti fissati dalle convenzioni internazionali è che sono stati decisi dai paesi più ricchi, quelli che hanno più mezzi per far fronte alle varie forme di adattamento. I paesi più poveri, come quelli africani o gli Stati isola del Pacifico, non solo non hanno contribuito come noi a creare questa situazione, hanno poca voce in capitolo nel decidere i limiti di emissioni di CO2 da non sorpassare, e sono quelli che subiscono maggiormente gli effetti del climate change… sono anche quelli che hanno meno possibilità materiali per far fronte a un cambiamento che, di questo passo, arriverà molto più in fretta di quanto si pensi.
Poi lamentiamoci delle migrazioni di massa e dei rifugiati!
Ah sì, è vero: il governo Renzi ha bocciato il riconoscimento della definizione di “climate refugees”, che arrivano e arriveranno in numeri sempre maggiori. Il motivo di questa surreale presa di posizione? Se così fosse sarebbero arrivati troppi migranti, dicono a Palazzo Chigi. Come se arrivassero non per l’emergenza climatica e le conseguenti guerre per acqua, cibo e risorse, ma per l’esistenza della definizione del loro status…
Ma cosa vi aspettate? Questo è il governo del vecchio che si spaccia per nuovo che avanza. Un governo che ancora vede nella crescita del PIL la soluzione ai problemi che essa stessa ha causato.
Un paio di cose veloci, su questo punto.
La prima, è che il PIL prende in considerazione anche cose che devastano la salute, l’ambiente e la felicità. Non ha quindi senso continuare a basare le politiche economiche su questo parametro – mentre ne avrebbe iniziare a considerarne altri, capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nell’analisi fattori ambientali e sociali – come ad esempio il GPI, in stagnazione da decenni.
La seconda, è che l’unico limite realistico di innalzamento delle temperature globali per far sì che il pianeta rimanga più o meno quello che conosciamo è di 1,5 °C. E indovinate un po’? Un contenimento del global warming di questo tipo non è compatibile con una economia in crescita. Non quella misurata dal PIL, almeno.
Siamo su una locomotiva in corsa, che cerca solo di rinviare lo schianto contro il muro dei limiti del pianeta. Per evitarlo, invece, serve cambiare direzione, cambiare mentalità.
Vi aspettate davvero che Matteo Renzi e i personaggi che siedono affianco a lui siano davvero pronti, disposti o capaci di farlo?
Non lo sono. Vogliono continuare il (loro) sporco business as usual, incuranti delle conseguenze delle loro miopi scelte. E il vero problema è che, anche se lo volessero, forse non servirebbe a nulla perché a livello internazionale non contano nulla.
Saremo pur invitati al G8, ma vi posso garantire che il governo italiano al momento non vale più di quelli di un piccolo e inascoltato Stato isola del Pacifico che rischia di essere sommerso dall’oceano.
Noi, invece, sommersi lo siamo già. Dalle chiacchiere di politici e giornalisti. Inutili, ovviamente.